PALERMO – L’agente della polizia penitenziaria avrebbe sostenuto di avere amicizie in grado di fare ottenere il trasferimento ai colleghi o di favorirli per gli avanzamenti di carriera. In realtà sarebbe stato un millantatore. Ed è per questo, sulla base di una recente riforma, che gli imputati condannati in primo grado sono stati assolti in appello.
I “favori” dell’assistente capo
Secondo l’accusa, Domenico Zanca, assistente capo della penitenziaria in servizio al Comando della casa circondariale Pagliarelli di Palermo, si sarebbe fatto promettere soldi e regali (da 500 a 4 mila euro e anche una Fiat 600) per favorire i colleghi nei concorsi o per farli trasferire da Sassari, Milano e Catanzaro in Sicilia. Da qui l’accusa di traffico di influenze.
In primo grado Zanca era stato condannato a 1 anno, 10 mesi e 20 giorni, Andrea Sileci e Pietro Morreale 8 mesi ciascuno. Per loro è arrivata l’assoluzione perché il fatto non è più previsto dalle legge come reato. Erano difesi dagli avvocati Alessandro Musso, Debora Speciale ed Ermanno Zancla.
Regge solo una ipotesi di esTorsione
L’unico condannato è Alfonso Romeo (1 anno e 6 mesi) per il quale è caduta l’ipotesi di traffico di influenze ma non quella di estorsione. Avrebbe minacciato Zanca per farsi restituire i duemila euro sborsati in cambio di un millantato favore. Alla fine avrebbero ottenuto solo 600 euro.
Traffico di influenze, la legge è cambiata
A partire dal 25 agosto è entrata in vigore la riforma Nordio che ridimensiona l’applicazione dell’articolo 346 bis del codice penale. Per configurare il reato di traffico illecito di influenze “le relazioni tra il mediatore e il pubblico ufficiale devono essere effettivamente utilizzate e non solo vantate, oltre a dover essere reali e non semplicemente asserite”.
Prima di agosto invece bastava millantare e fare credere di avere chissà quali poteri. Con l’assoluzione decadono anche le pene accessorie: l’interdizione dai pubblici uffici e il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.

