Palermo, fratture vere per finti incidenti: spaccaossa condannati

Gambe e braccia spezzate per i finti incidenti: spaccaossa condannati

Nei verbali del capo i racconti choc

PALERMO – Tutte le condanne diventano definitive tranne una. Si chiude in Cassazione uno dei capitoli sugli spaccaossa. Si dovrà rifare il processo solo per Patrizia Alaimo (aveva avuto 4 anni e 4 mesi). Per l’imputata, assistita dall’avvocato Franca Gennuso, la Cassazione ha annullato con rinvio il verdetto di appello. Definitive tutte le altre condanne: Ermanno Campisi 3 anni e 4 mesi, Emanuela Gallano 3 anni e 8 mesi, Gesuè Giglio 3 anni e 10 mesi, Antonino Di Gregorio 9 anni e 8 mesi, Rita Mazzanares 3 anni e 2 mesi, Giovanni Moncada 1 anno un mese e 10 giorni, Fabio Riggio, 4 anni e 6 mesi, Francesco Paolo Sanzo 5 mesi e 10 giorni.

L’avvocato Franca Gennuso

Di Gregorio, considerato il capo della banda, aveva confessato. Reclutavano le persone disposte a farsi spezzare gambe e braccia per incassare gli indennizzi. Centinaia i falsi incidenti per un giro di affari milionario. Una sera al pronto soccorso c’erano contemporaneamente sette infortunati.

Le vittime-complici dei falsi incidenti venivano adescate fra gente sbandata e bisognosa di soldi. Delle cifre promesse hanno incassato gli spiccioli, neppure sufficienti per comprare i farmaci per alleviare il dolore delle fratture provocate con grosse pietre. In molti hanno ammesso le loro colpe. Per mesi sono stati chiamati alla squadra mobile o negli uffici della finanza. Una sfilata di persone zoppicanti che giungevano sorretti da qualcuno o reggendosi sulle stampelle.

C’era chi si era fatto prestare del denaro e non poteva più restituirli. “Avevo altri debiti”, raccontò. E arrivò la proposta “di farmi rompere un braccio o una gamba per saldare il mio debito”. Lo condussero in un appartamento a Borgo Nuovo e qui “mi hanno fatto mettere per terra, a pancia in giù, e mi hanno scaraventato sul braccio un mattone di tufo di colore giallo. Io sono quasi svenuto dal dolore”. C’era il disoccupato a cui diedero appuntamento in una “casetta di campagna a Bagheria” e “con un peso da palestra mi hanno fratturato tibia, perone, malleolo e radio così come eravamo rimasti”.

C’era la donna avvicinata al bancone di un bar dove “mi hanno offerto tre o quattro birre, poi mi hanno fatto fumare almeno quattro spinelli”. Poi, le spezzarono gli arti inferiori e superiori. “Il primo piano e il secondo piano”, li definivano. Almeno lei ebbe la fortuna che “mi ha fatto due punture, una nel braccio destro e l’altra nella gamba sinistra”.


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