Palermo, Tari scontata e la giunta "riscrive" il riequilibrio - Live Sicilia

Palermo, Tari scontata e la giunta “riscrive” il riequilibrio

Gli extra costi coperti per il 50% dal fondone, domani il maxi-emendamento sul piano

PALERMO – Uno sconto di almeno il 50% sui 26 milioni di aumenti Tari o, nella migliore delle ipotesi, del 100% se il Comune riuscirà a usare i soldi del “fondone” 2021. La buona notizia per i palermitani arriva nel pieno di una seduta di Sala delle Lapidi sul bilancio consuntivo che dovrebbe andare al voto domani, nello stesso giorno in cui la giunta Orlando affronterà la discussione su un maxi-emendamento che dovrebbe riscrivere in parte il piano di riequilibrio da approvare entro lunedì prossimo, pena il dissesto.

Sono giorni frenetici a Palazzo delle Aquile, dove politici e tecnici si arrovellano nel tentativo di far quadrare i conti dell’ente mentre a Roma si cerca di eleggere il nuovo Capo dello Stato. Una circostanza non da poco, se si aggiunge che entro metà febbraio l’amministrazione comunale dovrà anche siglare col governo Draghi (o col premier che ci sarà) l’accordo per aderire al “salva Napoli” che vale più di 400 milioni e una sorta di assicurazione anti-default per almeno altri due anni. Ma andiamo con ordine e partiamo dalla Tari.

Tari dimezzata col fondone

Dopo giorni di estenuante dibattito ormai è chiaro che i soldi del “fondone”, cioè il fondo finanziato dallo Stato per compensare i minori introiti dovuti alla pandemia, potevano essere utilizzati anche per i ristori: si tratta di 31 milioni di euro per il 2020 che sono stati però usati per salvare i conti del Comune. Di questi, 13 sono stati anche messi da parte per coprire gli extra costi della Rap, cioè quelle spese (26 milioni) che la partecipata ha dovuto sostenere nel 2020 per la chiusura di Bellolampo e il trasporto dei rifuti e che vanno spalmati sui prossimi due anni.

Un aumento non da poco per i contribuenti che, a questo punto, si è scoperto che potrà essere praticamente dimezzato. E se il fondone 2020 era già consistente, quello 2021 lo sarà ancora di più arrivando a 55 milioni ancora da destinare: la proposta del presidente Totò Orlando è di attingere gli altri 13 milioni dal fondone 2021, azzerando praticamente gli aumenti della Tari. Un’ipotesi che l’assessore al Bilancio Sergio Marino non ha rifiutato, previa verifica tecnica, e su cui anche la maggioranza ha deciso di convergere. “Senza questa discussione, avremmo mandato ai palermitani bollette più salate per 26 milioni – ha detto Totò Orlando – Oggi scopriamo che nella peggiore delle ipotesi il 50% è coperto dal fondone 2020 e dobbiamo capire se possiamo coprire l’altra metà con il fondone 2021”. Il consiglio a questo punto potrebbe approvare il Pef in tempi rapidi, con uno specifico atto di indirizzo per vincolare i soldi del fondone 2021 così da dare ossigeno alla Rap.

Piano di riequilibrio da riscrivere

In attesa delle veririche degli uffici, Sala delle Lapidi domani mattina dovrebbe votare il rendiconto che dovrà necessariamente essere approvato (pena lo scioglimento del consiglio), anche se gli occhi saranno puntati sulla giunta convocata a mezzogiorno. Il sindaco aveva promesso di accogliere alcune delle istanze dell’Aula sul piano di riequilibrio e domani con gli assessori dovrebbe dare il via libera al maxi-emendamento su cui è al lavoro da giorni il Direttore generale.

Massimo riserbo sui contenuti, ma le voci di corridoio parlano di modifiche sia sul personale (con un’anticipazione temporale dell’aumento delle ore per i part time) sia sulla vendita delle quote Gesap, oltre a interventi sulle partecipate. Se tutto filerà liscio, l’atto potrebbe arrivare in Aula già venerdì e a quel punto partirà la corsa contro il tempo per approvarlo entro lunedì 31 gennaio. Teoricamente infatti martedì scatterebbe il dissesto, anche se le norme in Legge di Bilancio sul “salva Napoli” potrebbero evitare il default.

Il problema, semmai, è che l’adesione al “salva Napoli” passa da un accordo con il governo nazionale da firmare entro il 15 febbraio ma di cui, al momento, non c’è alcuna traccia: il patto da 435 milioni in 20 anni, che implica anche un aumento Irpef da far tremare le vene ai polsi, dovrà essere siglato con un esecutivo preso dalle votazioni per il Quirinale. Una “distrazione” non da poco.

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