Palermo, "ma che m... ci guardi": e la lite al pub finì a coltellate

“Ma che m… ci guardi”: e la lite finì a coltellate. Violenza e malamovida

I retroscena del tentato omicidio in centro storico

PALERMO – “Ma che m… ci guardi”: è stata questa frase a scatenare la violenza la notte del 21 settembre scorso all’interno del pub Finch in piazza Monteleone, alle spalle delle poste centrali, a Palermo.

I carabinieri hanno arrestato Riccardo Maccarone, 20 anni, per tentato omicidio. Sarebbe stato lui a colpire con nove coltellate un suo coetaneo. Il pubblico ministero Felice De Benedittis ha ricostruito una storia di violenza e degrado, di silenzi e propositi di vendetta grazie. Decisive le telecamere di videosorveglianza e quelle piazzate all’ospedale.

L’indagine è partita quando il ferito è stato traportato da un amico in scooter al Pronto soccorso dell’ospedale Villa Sofia. Le ferite erano gravi ed è stato necessario il trasferimento al Policlinico. L’amico ha riferito di averlo incontrato alla Vucciria sanguinante. Ed invece analizzando il suo cellulare si è scoperto che erano stati insieme al Finch.

I titolari, subito dopo i fatti, in una nota si erano definiti “succubi del comportamento scorretto e animale di ragazzi che vorremmo non frequentassero il nostro locale”. Collocavano i fatti all’esterno del pub, mentre la ricostruzione dei carabinieri ritiene che siano avvenuti all’interno.

Dalle immagini delle telecamere si vede la vittima uscire barcollante e con il volto tumefatto. Spiegò ai carabinieri di non conoscere l’aggressore e aggiunse che non aveva alcun interesse a conoscere la sua identità. Gli investigatori sono arrivati alla identificazione di Maccarrone per altra via.

Un parente del ferito si è messo in contatto con il padre dell’indagato. Una telefonata perché “si trova agli arresti domiciliari”. Si era detto dispiaciuto per quanto era accaduto. Le famiglie di vittima e presunto aggressore sono per altro imparentate. Volevano mettere a posto le cose ed evitare che la situazione degenerasse, spegnendo sul nascere proposti di vendetta.

“Facciamo morire il cane”, diceva qualcuno intercettato. La vittima senza sapere di essere intercettata ricostruiva il tentato omicidio: “Esco dal bagno… mi guardavano tipo malavitosi.. gli ho detto ma a chi guardi… mi ha dato un pugno nel naso… gli ho dato seimila pugni… lui ha preso il coltello e mi ha accoltellato… sono uscito e mi sono visto il sangue… ma io continuavo a picchiarlo non sentivo niente.. mi sono addormentato e mi sono svegliato a Villa Sofia”


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