PALERMO – C’è chi spera nella ricapitalizzazione, chi apre ai privati, chi vuole il nuovo contratto di servizio e chi prova a far quadrare i bilanci. Quello delle partecipate del comune di Palermo non è più il mondo dorato di una volta: un bacino di quasi 5 mila lavoratori che deve fare i conti con i paletti del piano di riequilibrio e una normativa sempre più stringente.
Le ex municipalizzate rappresentano il braccio operativo di Palazzo delle Aquile, croce e delizia delle amministrazioni comunali che negli anni si sono avvicendate. Una medaglia dalle due facce: da un lato le aziende, controllate direttamente dal Comune, consentono di intervenire tempestivamente su vari temi, dai rifiuti ai trasporti, accorciando i tempi che richiederebbe il rivolgersi a un privato; dall’altro però il livello dei servizi resi incide profondamente sul consenso politico riscosso da chi indossa la fascia tricolore.
Lo sa bene anche il sindaco Roberto Lagalla che, da due anni, prova (con alterne fortune) a mantenere la città pulita o a far arrivare puntuali gli autobus. Una missione quasi impossibile, tanto che Palermo si colloca ancora in fondo alle classifiche sul gradimento dei cittadini verso chi li amministra.
Rap, tra baratro e rilancio
La situazione più delicata riguarda la Rap, sorta sulle ceneri dell’Amia: quasi 1.500 dipendenti, una discarica da gestire e un porta a porta che dal 27 settembre partirà anche a Mondello. L’azienda ha completato l’assunzione dei 106 addetti a tempo determinato, che saranno dirottati tutti sui servizi di strada ma che sono una goccia nel mare.
Rap ha presentato una semestrale in perdita, nel 2023 un rosso di quasi 10 milioni e l’unico modo per garantire la continuità aziendale è la ricapitalizzazione da parte del Comune. Palazzo delle Aquile potrebbe trasferire la sede di piazzetta Cairoli, quattro Centri di raccolta e mettere il resto in contanti per un totale di nove milioni.
Il problema è che si tratta di un debito fuori bilancio che, per non violare le norme stringenti sulle partecipate, deve andare a una società in grado di non fallire. Il piano predisposto dal docente universitario Carlo Amenta prevede una serie di misure stringenti e Rap dovrà dimostrare di poterlo attuare, pena il default.
Così come dovrà fornire precise garanzie al Comune di potersi riorganizzare e funzionare, al pari di qualsiasi altra azienda di settore. In caso di fallimento la legge vieta però di costituire nuove società, l’unica alternativa sarebbe rivolersi al mercato per almeno qualche anno.
Amat, obiettivo contratto
Decisamente più rosea la situazione di Amat che gestisce autobus e tram: entro l’anno il Comune dovrà approvare il nuovo contratto di servizio per evitare definitivamente il contenzioso da 100 milioni. La Regione ha riconosciuto all’azienda i 12 milioni del periodo pandemico, il che fa vedere il bicchiere decisamente mezzo pieno.
Entro settembre Amat approverà i bilanci del 2022 e del 2023, quantificando il patrimonio che sarà inserito nel piano industriale; poi toccherà all’asseverazione del piano economico e finanziario del movimento e, tra novembre e dicembre, si potrà procedere alla discussione sul nuovo contratto.
La società ha già chiesto di rinunciare ai servizi in perdita, mantenendo solo quelli in equilibrio: l’aumento degli incassi dalla vendita dei biglietti ha consentito di tornare in utile e l’obiettivo è coprire, in modo strutturale, i costi del tram.
Amg apre ai privati
Passiamo ad Amg, fresca di nuovo contratto di servizio che prevede l’apertura ai privati: scartata l’ipotesi di una newco, pur prevista nel contratto ma vietata dalla legge, la giunta Lagalla ha approvato il ricorso a una manifestazione di interesse per individuare un operatore sul mercato a cui affidare i servizi di illuminazione pubblica, smart city, semafori e impianti termici.
Reset, la vertenza sulle ore
La “cenerentola” delle partecipate è la Reset che ha preso il posto della fallita Gesip, l’unica azienda ad aver pagato a caro prezzo la propria sopravvivenza. I lavoratori non sono stati licenziati ma hanno dovuto accettare un contratto molto meno remunerativo e con meno ore.
Dopo anni di promesse, complici anche i pensionamenti, il Comune potrebbe riuscire a raggiungere le 40 ore settimanali: il piano di riequilibrio vieta di aumentare il corrispettivo di 31 milioni ma un articolo nel nuovo contratto consentirebbe di affidare servizi extra, come il diserbo. Un escamotage che potrebbe centrare l’obiettivo già entro settembre, almeno nelle intenzioni dell’amministrazione di piazza Pretoria.
Sispi, via alle assunzioni
Chi gode di maggiore tranquillità pare essere la Sispi, azienda a cui il socio unico, ossia il Comune, ha affidato nuovi servizi come l’interazione con la app Io o il sistema PagoPa, oltre alla sicurezza informatica della quinta città d’Italia.
Il nuovo contratto è stato già approvato e la società si prepara a nuove assunzioni. Negli anni il personale si è quasi dimezzato, passando a meno di 100 unità, e così verranno reclutati 30 ingegneri informatici.
Amap, aspettando le nomine
Non è partecipata al 100% dal Comune, ma quasi. L’Amap sta affrontando la siccità che ha colpito Palermo come il resto della Sicilia: una società dai conti in ordine, finora retta da un amministratore unico, Alessandro Di Martino, di cui la Regione qualche mese fa, complici le tensioni sul razionamento, ha chiesto la sostituzione.
Il sindaco sarebbe pronto a creare un cda, moltiplicando così le poltrone a disposizione per le nomine, con Fratelli d’Italia che già da due anni ne ha ipotecato la presidenza.