PALERMO – Sedici anni di carcere per omicidio volontario. Una condanna meno pesante dei 25 chiesti dalla Procura della Repubblica per Fanni Sisinia che uccise la figlia Maria Cirafici.
“Ho stretto il cavo, ho capito che era morta e ho tolto il cavo dal collo. Poi mi sono messa accanto a mia figlia e ho sistemato tutte cose sul tavolo, anche il cavo, così se veniva la polizia trovava le prove dopo che l’ho strangolata”, racconto la madre di 74 anni ai giudici della Corte di Assise di Palermo.
La figlia Maria di anni ne aveva 43. Vivevano insieme in una casa di via del Visone nel quartiere Bonagia. La vittima fu sorpresa alle spalle mentre era sul divano. Era affetta da schizofrenia, anche se secondo la madre, si trattava di depressione.
Durante l’esame l’imputata, rispondendo alle domande degli avvocati Claudia Lombardo e Fabrizio Pizzitola e del pubblico ministero Daniela Randolo, ripercorse con lucidità e apparente distacco quei tragici momenti: “Le gocce non facevano più effetto, stava male, era diventata un pericolo per sé e per gli altri”.
Dopo la separazione con il marito, Maria Cirafici era tornata a casa della mamma: “Mi diceva che aveva bisogno di un uomo, era sempre sui siti di incontri on line. In quel momento ho pensato che volesse uscire. Temevo che diventasse il passatempo sessuale di Bonagia”.
Dopo il delitto l’anziana chiamò i parenti: “Mia sorella mi ha detto prendi una coroncina e la mise nelle mani di mia figlia, doveva andarsene nella grazia di Dio”.