Palermo violentissima - Live Sicilia

Palermo violentissima

La spirale è incontrollabile?
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3 min di lettura

Ogni cittadino di questa città ha in mente l’incipit del suo romanzo criminale, l’avvio della sconfitta dell’innocenza. Ognuno potrebbe dire quando, nel suo cuore, Palermo felicissima è diventata Palermo violentissima. Le cose, certo, c’erano già prima della scoperta. C’erano i corpi a terra e il sangue. Ma qui si racconta l’inizio di uno sguardo diverso, lo svelamento barbaro di un’illusione.  Palermo abbiamo voluto, per amore, considerarla felicissima a dispetto delle evidenze. Ci siamo concentrati sul mare, sul sapore dei gelati, sul cielo di gelsomino, sul folclore del niente. Abbiamo dimenticato l’orrore, salvo poi farci sorprendere da un inaspettato schizzo di rosso.
Io ero già cronista quando al Borgo furono uccisi Lupo e Chiovaro, due ragazzi di Brancaccio che pretendevano di essere immortali. Un presunto sgarbo gli costò caro. Furono macellati da infinite coltellate, nella piazza del quartiere, all’ora di punta. Tutti videro. Nessuno parlò. Perfino gli abituali informatori della polizia rimasero in silenzio. Tutti furono ammutoliti da quello scoppio di violenza e ne furono morbosamente affascinati. Non il tritolo di Capaci che nessuno aveva visto. Non il grande fumo di via D’Amelio, un sudario a nascondere i cadaveri. Coltello contro carne. Lama contro nervi. Urla contro le nuvole. Il reality della violenza a domicilio. Non dimenticarono l’accaduto i ragazzi di una scuola della zona. Stavano attraversando la piazza del Borgo Vecchio con gli zaini, con le panelle appena sfornate. Uno studente raccontò: “Li ho visti quei due. Strisciavano per terra, in una pozzanghera. Chiedevano aiuto e nessuno li soccorreva. Uno ha detto all’altro: ‘Compare è la fine'”. Palermo spietata che lascia due uomini a rantolare col corpo squarciato di ferite. E non muove un dito. Quella per me fu la cronaca delle fine dell’illusione. La bestialità sincera di una città violentissima si mostrò ai miei occhi nuda, come il male di vivere di Eugenio Montale.
Magari qualcuno starà provando le mie sensazioni di allora. I segnali non mancano. Il sacrificio umano dell’avvocato Fragalà è un campionario del terribile. Ma più sotto, nella scala delle deflagrazioni,  ci sono eventi minacciosi come la testa di capretto consegnata ad Alberto Campagna, gli assalti all’autobus, le bare in piazza. Dite che gli episodi non sono collegati? Forse. Ma forse è lo stesso organismo violento che si sta sollevando, in più sensi, sotto l’apparenza di una pelle bonaria. E’ un tremendo Hulk che sta strappando i vestiti per illuminarci col torbido riflesso del punto di non ritorno.
Palermo violentissima è il titolo che vogliamo dare al nostro consueto approfondimento domenicale. Per tentare capire se – tra bastonate, minacce e istituzioni mortificate dalla paura – siamo davanti a una spirale incontrollabile o, semplicemente, a uno dei momenti di rottura che ci hanno rivelato il segreto macerato del nostro amore. Per capire perché, soprattutto. Io cammino molto e ho una spiegazione da viandante. Cammino e vedo una città bruttissima, irredimibile. Ci hanno chiuso a chiave nella gabbia di Palermo. Ci hanno tolto il cibo della speranza. Per questo alcuni sbranano gli altri. Per questo stiamo impazzendo, come il soldato Palla di lardo costretto a non essere se stesso in una caserma dei marines. E dunque, prigioniero e vittima esattamente di se stesso.


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