L'omicidio di Palermo. Fabiola, il cuore di una madre

Fabiola, il cuore di una madre

L'omicidio e Il peccato mortale di una città

“Il cuore gli batteva ancora, l’ho sentito respirare”. Il cuore di un figlio, in procinto di affievolirsi, diventare fioco e spegnersi. Il cuore di una madre. Che ha un ritmo all’unisono e avverte ogni battito dell’altro, come se fosse il suo.

Inimmaginabile solo immaginarlo. L’assassino ha sparato. Un colpo alla nuca, come un’esecuzione. Gaetano Maranzano si sta già dileguando, fendendo la folla di via Spinuzza. Il corpo di Paolo Taormina, appena vent’anni, cade, sul selciato del pub. Il corpo di sua madre, Fabiola Galioto, si china per stringere gli ultimi attimi fra le braccia. Sono i dettagli più dolorosi dell’omicidio di Palermo.

E’ (finora) l’ultimo atto di una tragedia annunciata. Risuonano chiarissime le parole di padre Giovanni Giannalia, parroco dello Zen, incardinate con questa espressione: “L’omicidio del povero Paolo Taormina è la tragica cronaca di una morte annunciata”. Significa che, osservando il clima di violenza in città, era purtroppo possibile attendersi un epilogo del genere.

Noi siamo attoniti. Ma, con tutta la nostra partecipazione, guardiamo da fuori, oltre la bolla glaciale che separa un dolore insanabile dal resto del mondo. Noi ci indigniamo, mettiamo in campo gesti giustamente simbolici, offriamo una affettuosa, solidale vicinanza. Ma non abbiamo stretto nessuno tra le braccia, in quella porzione di strada, per dire addio.

Il cuore di una madre, così aderente al cuore di un figlio. Tutti siamo figli. Tutti lo sappiamo. Sembra impossibile che possano vivere separati. Eppure, accade, nella distanza che le vie delle esistenze propongono. Succede anche adesso, con un figlio morto. Il cuore di una madre li regge tutti e due.

Ci inchiniamo davanti a mamma Fabiola. Per la forza che sta dimostrando. Per la testimonianza di amore e coraggio. Abbracciamo una famiglia devastata che vorrebbe l’impossibile: il ritorno a casa di Paolo.

Questi due cuori li porteremo dentro il nostro petto, dovunque andremo. Li spingeremo ovunque, fino a mostrarli ai palazzi della politica, affinché si ponga rimedio al peggio, anche se per Paolo, per Fabiola, per tutti i loro cari, è già troppo tardi.

E’ il peccato imperdonabile di una città, l’ennesimo. Non avere impedito, con le azioni, con la cultura, con la prevenzione, il distacco del cuore di una madre dal cuore di suo figlio.

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