Pastore ucciso a fucilate |La decisione della Cassazione - Live Sicilia

Pastore ucciso a fucilate |La decisione della Cassazione

Tutti i particolari.

l'omicidio
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CATANIA. E’ anomalo, per i giudici della prima sezione della Cassazione, il concorso nell’omicidio di Salvatore Buda, il pastore di Calatabiano ucciso nel gennaio del 2013 nelle campagne di Contrada Felicetto. Dopo una lunghissima udienza, protrattasi fino alle 18, è stata riconosciuta a tre degli imputati, Mariano Nucifora, Francesco Cavallaro e Giovanni Torrisi, condannati rispettivamente in appello a 10 anni e 6 mesi, 10 anni e 2 mesi e 10 anni e 4 mesi, l’attenuante del concorso anomalo per il capo di imputazione più grave, l’omicidio. I supremi giudici hanno così rinviato ad un’altra sezione della Corte di Assise d’Appello di Catania per la rideterminazione della pena, che comunque non potrà essere ridotta più di un terzo rispetto a quella già inflitta. Per il resto la Cassazione ha anche annullato, senza rinvio, per Salvatore Musumeci, esecutore materiale del delitto, Alfio Nucifora, Mariano Nucifora, Francesco Cavallaro e Giovanni Torrisi la condanna per il sequestro di persona, poiché assorbito, secondo i giudici, nel reato di rapina. Annullata anche la pena per i reati di detenzione e porto abusivo di armi per Salvatore Musumeci, Mariano Nucifora, Francesco Cavallaro, Giovanni Torrisi e Francesco Grasso. Vengono così ridotte le condanne per tutti i sei imputati: di 10 mesi e 20 giorni a Mariano Nucifora, di 8 mesi e 20 giorni a Giovanni Torrisi, di 6 mesi a Salvatore Musumeci, di 5 mesi e 10 giorni a Francesco Cavallaro, e di 4 mesi ad Alfio Nucifora e Francesco Grasso.

LA RICOSTRUZIONE. E’ il 23 gennaio del 2013 quando Salvatore Musumeci raggiunge, insieme al proprio legale , la Caserma dei carabinieri della Compagnia di Giarre e racconta di aver ucciso, in seguito ad una lite, il pastore Salvatore Buda. L’uomo riferisce di non aver sparato intenzionalmente e che il colpo sarebbe partito durante la colluttazione. Qualcosa però non convince gli inquirenti. Sei mesi dopo la scrupolosa attività investigativa, coordinata dal sostituto procuratore Alessandro Sorrentino, sfocia nell’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Alfio Nucifora, Francesco Cavallaro, Mariano Nucifora, Francesco Grasso e Giovanni Torrisi, tutti accusati di aver concorso nell’omicidio della vittima. In primo grado il gup Laura Benanti condanna Salvatore Musumeci e Alfio Nucifora a 17 anni e 2 mesi di reclusione, Francesco Cavallaro a 15 anni, Mariano Nucifora a 12 anni, Giovanni Torrisi a 11 anni e 4 mesi e Francesco Grasso a 10 anni e 8 mesi. In appello i giudici della prima sezione penale riducono le condanne inflitte dal gup. 
Salvatore Musumeci viene condannato a 15 anni e 6 mesi, Alfio Nucifora a 15 anni e 4 mesi, Mariano Nucifora a 10 anni e 6 mesi, Giovanni Torrisi a 10 anni e 4 mesi e Francesco Cavallaro a 10 anni e 2 mesi. Assolto, invece, dalle accuse di omicidio e sequestro di persona Francesco Grasso, condannato per tentata rapina aggravata e porto illegale di fucile alla pena di 3 anni.

LE REAZIONI. “Avendo la difesa di Salvatore Musumeci, l’esecutore materiale del delitto – commenta a caldo l’avvocato Enzo Iofrida – potevo soltanto sperare che l’omicidio volontario venisse ritenuto omicidio colposo. Tale soluzione, qualora fosse stata accolta, avrebbe escluso la responsabilità per gli altri a titolo di concorso e avrebbe garantito al mio assistito una congrua riduzione di pena. Tuttavia – conclude il legale – in relazione al fatto che è stato considerato omicidio volontario, non posso che ritenermi soddisfatto in quanto la pena irrogata è ben al di sotto del minimo edittale”. E non può che dirsi soddisfatto per la sentenza della Cassazione anche l’avvocato Claudio Grassi, difensore, insieme a Gino Ioppolo, di Giovanni Torrisi. “Sono contento della sentenza – dichiara a LiveSiciliaCatania Claudio Grassi – Tecnicamente poteva andare meglio e di certo noi miravamo all’esclusione del concorso nell’omicidio, che è il capo d’imputazione più grave, oltreché degli altri reati contestati, ma possiamo comunque ritenerci soddisfatti del risultato ottenuto”.

 


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