Peculato ai danni della Rap| "Sequestro confermato" - Live Sicilia

Peculato ai danni della Rap| “Sequestro confermato”

Alcune sanzioni amministrative sarebbero state pagate con i soldi della società

PALERMO – Ricorso rigettato. La Cassazione conferma il sequestro, già passato al vaglio del Tribunale del Riesame, nei confronti di Massimo Collesano, dirigente dell’area Finanze della Rap. Si tratta di uno dei nove indagati per peculato: avrebbero pagato sanzioni pecuniarie per 57 mila euro con i soldi dell’azienda.

Nei mesi scorsi su richiesta della Procura è scattato il sequestro preventivo dei beni. La parte più consistente del danno (6 mila e 500 euro) viene contestata all’ex presidente Roberto Dolce e a Massimo Collesano.

Erano stati i carabinieri del Gruppo per la Tutela del Lavoro nel 2016 a rilevare in un cantiere in corso Vittorio Emanuele e all’autoparco Rap di via Partanna Mondello alcune violazioni in materia di tutela dell’ambiente e sicurezza sul lavoro. Da qui le contravvenzioni elevate agli indagati. La legge prevede che i reati si estinguano pagando una sanzione. Solo che, così sostengono i pubblici ministeri coordinati dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, il collegio sindacale li avrebbe autorizzati a prelevare i soldi dalle casse della Rap, i cui bilanci erano e sono in rosso.

Il Riesame aveva condiviso l’impostazione della Procura che richiama una sentenza della Corte Costituzionale in cui “si ribadisce che, tanto la responsabilità per le violazioni della normativa concernente la sicurezza nei luoghi di lavoro quanto quella a tutela dell’ambiente, essendo assistite da sanzioni penali, hanno carattere del tutto personale, sicché le relative norme prevedono che il pagamento deve essere effettuato dal ‘contravventore’ e cioè dall’autore della violazione costituente reato contravvenzionale che non può che essere una persona fisica’.

La Cassazione con il deposito delle motivazioni del rigetto conferma che esiste il fumus del reato di peculato perché le somme sarebbero state spese “per una destinazione non conforme agli scopi di pubblico interesse”. I supremi giudici ricordano che “ai fini del peculato il concetto di appropriazione comprende anche la condotta di distrazione”.

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