Si tratta del pensiero dei più, di come la maggioranza di un gruppo, di un popolo, giudica un fatto e di conseguenza si relaziona con esso. E, grazie all’articolo 21 della nostra Carta costituzionale, “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Questo è il problema: “il proprio pensiero”. Qual è il mio? Come si è formato? Con quali fonti? Con quale mia attitudine a comprendere le dinamiche di un fatto? Con quale veridicità di informazioni? Con quanta completezza di esse? Con quale necessario distacco tra emotività, cioè viscere, e razionalità, cioè intelletto? Il mio pensiero, dunque, è veramente il mio?
Insomma, l’Opinione Pubblica, nel cui nome si adottano scelte anche grandi, è un elemento attendibile e quindi autorevole? Non abbiamo avuto sotto gli occhi grandi e piccoli mistificatori, grandi e piccole mistificazioni? La Storia non ce l’ha insegnato? Quindi, quante scelte compiute in nome di un’Opinione Pubblica mal formata, spesso da chi in mala fede l’ha manipolata, ci ritroviamo ad avere subito e a subire?
In una democrazia che non si sa difendere, l’Opinione Pubblica, che dovrebbe essere un giudice, è spesso la vittima con potere di scelta della propria pena. Condannata a questa in nome suo. Quindi: manifestare liberamente il proprio pensiero è una cosa, sacra; manifestare liberamente le proprie mistificazioni dei fatti è un’altra cosa, delittuosa, anche se realizzata soltanto con omissioni.