Nonostante si tratti di un accadimento comune ed universale, la perdita di una persona amata rimane tra le esperienze piú dolorose della vita.
Essa genera inevitabilmente in chi rimane un forte “sentimento di mancanza” ed uno struggente “senso di vuoto” di durata variabile a seconda delle situazioni e dei soggetti interessati dal lutto.
Ciò che è importante è che ad un certo punto si riesca a superare il periodo fisiologico di “cordoglio” (dal latino cor-dolium, “cuore che duole”), contraddistinto da profonda sofferenza a cui si collega molto spesso l’inibizione, piú o meno duratura, di ogni attività ed interesse verso il mondo, affinché poter riprendere lentamente e gradualmente il corso della propria esistenza.
Il lutto non è di per sé uno stato patologico, quanto piuttosto “una ferita che dovrebbe rimarginarsi da sola”, nel rispetto di tempi e modalitá soggettive, al fine di poter accettare l’assenza dolorosa e ricominciare con una sana progettualità, pur mantenendo sempre vivo il ricordo della persona che non c’è più in un modo del tutto nuovo e meno doloroso.
Il lutto patologico
Non sempre però questo avviene, e quando i tempi della sofferenza si prolungano (oltre i 18-24 mesi), l’esperienza della perdita viene connotata come evento irreparabile che sembra non potersi risolvere piú, generando un forte malessere psicologico: in questi casi si parla di lutto patologico.
Il soggetto non riesce ad accettare l’accaduto e ad adattarsi alla nuova realtà: l’oggetto d’amore è stato perduto ed il legame con esso definitivamente interrotto, e diviene impossibile riappropriarsi di un senso di padronanza sulla propria vita, che resta bloccata in un “perenne stato di vuoto, sofferenza ed angoscia”.
In questi casi sará necessario l’intervento di figure specializzate in grado di riattivare il processo naturale di elaborazione della perdita che miri all’accettazione dell’evento morte, prendendo effettiva consapevolezza della realtà e reinvestendo pian piano in altri legami ed obiettivi di vita.
Le fasi del lutto
Il processo del lutto è complesso, ed è caratterizzato da diverse fasi emotive e comportamentali che possono variare in durata ed intensità a seconda dell’individuo e delle situazioni.
Nei diversi modelli che lo descrivono, sono riscontrabili delle “fasi comuni”: la negazione, la rabbia, la depressione e l’accettazione.
È piuttosto frequente che in seguito al lutto di un caro affetto si scateni, come naturale meccanismo di difesa, la “negazione” della perdita stessa, e quindi il rifiuto di questo drammatico evento.
Quando la realtà inizia ad essere riconosciuta in tutto il suo dolore, esplode un’immensa “rabbia” che può abbattersi con tutta la sua irruenza contro sé stessi e/o contro le persone che offrono sostegno e vicinanza.
Sentimenti di perdita e di profondo dolore compaiono in seguito al riconoscimento razionale ed emotivo della situazione, generando un’intensa “depressione”.
Accettare la perdita
Queste fasi dovrebbero, in ultima istanza, condurre l’individuo all’“accettazione” della perdita e a prendere atto di questa nuova realtà e dell’ineluttabilità della morte.
Lo scopo ultimo del “processo di elaborazione del lutto”, fisiologico o riattivato da interventi terapeutici, è difatti proprio quello di superare le difficoltà che si vivono dopo una morte, trovando modi meno dolorosi di pensare alla persona cara che è venuta a mancare, per poter recuperare il legame in un modo nuovo, tutto interiore.
La sofferenza dovrebbe diventare man mano sempre piú tollerabile, cosí come il recupero delle memorie accanto alle quali vengono costruiti nuovi significati che permettono il passaggio dall'”amore in presenza” all'”amore in assenza”.
Diverse esperienze di lutto
Non tutte le esperienze di perdita sono uguali: il grado di parentela/vicinanza emotiva con il defunto e le modalità in cui la persona cara viene a mancare influiscono sul processo di elaborazione del dolore e sui suoi esiti.
Quando il lutto coinvolge persone molto care, come un partner, un genitore, un amico stretto.. il dolore può essere ancora più intenso e richiedere un periodo di elaborazione più lungo.
La vicinanza emotiva intensifica infatti il senso di vuoto, in quanto la persona venuta a mancare aveva un ruolo importante nella vita quotidiana, e ciò rende ancora piú difficile accettarne l’assenza.
La perdita di una persona cara in modo improvviso, prematuro o violento
(basti pensare agli incidenti, ai suicidi, alla morte di bambini -indipendentemente dalla causa- …) rappresenta un’esperienza ancora piú traumatica, caratterizzata da forte shock e grande impotenza.
In questi casi l’impatto del lutto è molto intenso e può portare a risposte emotive e comportamentali che richiedono maggiore tempo per poter essere elaborate.
“Dar voce al dolore”
Al di là di tutte queste variabili, il lutto avrà un esito positivo solo se chi perde la persona cara riuscirà a “dare voce alla propria sofferenza”.
La maggior parte dei processi di adattamento alle perdita si blocca invece proprio in questa fase, in quanto non si riescono ad esprimere i propri sentimenti negativi che rimangono incistati dentro, causando l’immobilizzazione del soggetto in uno stato di perenne disperazione.
“Il dolore coperto è come un forno chiuso: brucia e riduce in cenere il cuore che imprigiona” (Tito Andronico).
Riuscire a dare voce al proprio dolore, che in risposta all’evento morte rappresenta una reazione emotiva naturale, risulta indispensabile per arrivare all’accettazione della perdita stessa.
Parlare della propria sofferenza e condividerla con altri genera la possibilità di ricevere come di dare conforto, e lenisce il dolore stesso una volta che questo verrà “messo in comune”.
Superare un lutto è possibile
L’esperienza del lutto è dunque “soggettiva” ed ogni perdita richiede i propri tempi e le proprie modalità di elaborazione.
Perdurando oltre un certo tempo e rendendo difficile il consueto svolgersi della vita quotidiana si rende necessario un supporto specializzato per poter elaborare tale condizione, affinché affrontare il dolore, esprimere le emozioni e sviluppare strategie per adattarsi alla nuova realtà.
..Anche il dolore più intenso potrá cosí essere integrato nella vita delle persone che hanno subito la perdita, permettendo di trovare col tempo nuove risorse e nuovi significati nella propria esperienza, senza perdere la consapevolezza che “chi non c’è piú continua ad accompagnarci, resta in parte con noi, nei ricordi delle esperienze condivise e negli insegnamenti, contribuendo a fare la nostra vita”.
“Noi siamo fatti anche di tutto ciò che abbiamo perduto…” (M. Recalcati)
[La dott.ssa Pamela Cantarella è una Psicologa Clinica iscritta all’Ordine Regione Sicilia (n.11259-A), in formazione presso Scuola di Psicoterapia ad orientamento Sistemico-Relazionale]