CATANIA – L’aggiornamento del Piano regionale di gestione dei rifiuti non piace alle associazioni ambientaliste. E non è solo una questione di dichiarazioni pubbliche, ma anche di atti concreti: Rifiuti Zero Sicilia e Zero Waste Italy hanno presentato formalmente le proprie osservazioni.
Il Piano rifiuti è stato adottato dalla giunta regionale, guidata dal presidente Renato Schifani, lo scorso 24 marzo. Schifani era stato nominato a febbraio commissario straordinario sull’immondizia dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
I due termovalorizzatori di Sicilia
A spiccare su tutto, nel documento, era la presenza di due termovalorizzatori, uno in Sicilia orientale e l’altro in Sicilia occidentale, “per la chiusura del ciclo“. Dopo la pubblicazione del Piano, sono scattati i termini di legge perché i cittadini potessero presentare osservazioni e proposte di miglioramento.
Ed è quello che hanno fatto le due associazioni ambientaliste, già in prima linea nella battaglia contro il termovalorizzatore – privato – proposto dalla società Si energy alla zona industriale di Catania. Le cui autorizzazioni, dopo che un parere positivo della Commissione tecnico specialistica era arrivato alla stampa, sembrano essere di nuovo in stallo.
Individuato il terreno di Catania
Nel frattempo, Palazzo d’Orleans tira dritto verso un futuro in cui in Sicilia la spazzatura dovrà essere bruciata. Così è stata identificata l’area di Catania in cui l’inceneritore etneo dovrà essere costruito: uno spazio di ventimila metri quadrati, di fronte all’Interporto, in contrada Pantano d’Arci.
“Il nuovo Prgr (Piano regionale di gestione dei rifiuti, ndr) – si legge nelle osservazioni presentate dagli attistivi – incardina ben il 70 per cento dei Fondi di sviluppo e coesione (Fsc) in impiantistica rifiuti nelle priorità a valle, meno preferibili, con una visione strategica e politica ben lontana dai concetti di base dello sviluppo dell’economia circolare”.
Si tratta di 800 milioni di euro, che saranno investiti nella costruzione dei termovalorizzatori regionali. “Si sottolinea – dicono Rifiuti Zero e Zero Waste – che in tutta la stesura del documento non si fa accenno alla prevenzione nella produzione dei rifiuti“. Cioè la base della gerarchia delle soluzioni per risolvere il problema della spazzatura: se non la crei, allora non devi smaltirla.
Il rapporto rifiuti/abitanti
Tra tabelle definite quasi illegibili, refusi e premesse che confondono – problemi tutti puntualmente stigmatizzati – gli ambientalisti arrivano poi al cuore del Piano rifiuti: le politiche di incenerimento che la Regione Siciliana intende attuare. “Senza strutturate evidenze”. E cioè senza citare studi scientifici o renderli rintracciabili nel testo.
“Ci risultano invece evidenze di come il rapporto chilogrammi/abitante annuo di rifiuto residuo sia maggiormente virtuoso in assenza di incenerimento“, si legge nelle obiezioni delle associazioni. “L’investimento in incenerimento risulta da molti studi, diffusi ormai nel settore, – proseguono – che rallenti se non addirittura blocchi il sistema di gestione”.
Una carenza di approfondimento che sarebbe ancora più grave se si guarda alle due principali città siciliane: Palermo e Catania, “che non rispettano i vincoli di legge e le normative sulla corretta differenziazione […], risulterebbero ancora più penalizzate nel percorso di raggiungimento dei target europei e continuerebbero a incidere negativamente anche all’interno dello scenario regionale”.
Per dirla più semplicemente: con due grandi forni per l’immondizia da alimentare, uno dei rischi è che Catania e Palermo, anziché migliorare i propri sistemi, restino ancorati all’indifferenziato da fare confluire nei termovalorizzatori dei loro territori.
“Quale credibilità?”
“Per la costruzione di un inceneritore – vanno avanti Rifiuti Zero e Zero Waste – occorrono in media dai sette agli otto anni […] Cosa si prevede di fare nel frattempo? Con quali costi? Con quali impatti? Con quale credibilità?“.
E con quali prospettive economiche? Soprattutto in virtù dell'”obiettivo europeo, nazionale e regionale, di ridurre la quantità totale di rifiuti urbani prodotta”. Fatto che induce chi scrive le obiezioni a “ritenere non realistica e fuori scala la previsione della costruzione di due impianti di incenerimento per la Sicilia […] altresì dal punto di vista della sostenibilità economica degli impianti“.
Tutto questo mentre sul resto dell’impiantistica legata alla spazzatura, secondo le associazioni, anziché fare passi avanti se ne fanno indietro. Si contestano sia “l’asserita assenza di necessità di nuovi impianti di trattamento” dell’organico, sia l’aumento delle potenzialità di abbancamento delle discariche (“che quintuplicano la loro capacità passando da circa due milioni di tonnellate a quasi 10 milioni di tonnellate“).
Preoccupazioni e occasioni sprecate
Tutti motivi per i quali le associazioni esprimono “ampia preoccupazione in relazione al metodo emergenziale e al merito di questo aggiornamento” del Piano dei rifiuti. A fare le spese di una errata programmazione, del resto, sono i cittadini.
I siciliani, concludono le osservazioni al documento orgogliosamente promosso da Schifani, sarebbero esposti “all’alto rischio di perdere ancora una volta investimenti e opportunità” per fare sì che la Sicilia possa intraprendere percorsi virtuosi.
Strade innovative che permettano di smettere di considerare l’immondizia, di cui suo malgrado l’Isola continua a essere ricca, come uno scarto e di cominciare a guardarla come a una risorsa. Non necessariamente da bruciare.