Il pizzo al tavolo del ristorante| Condanne definite per tre imputati - Live Sicilia

Il pizzo al tavolo del ristorante| Condanne definite per tre imputati

Un frame delle intercettazioni

La corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi degli imputati.

PALERMO- Il pizzo lo chiesero al ristorante. Seduti al tavolo del Bucatino. Diventano definite le condanne per tre imputati. Giovanni De Santis, Francesco Pitarresi e Umberto Centineo devono scontare condannati rispettivamente 8 anni e 4 mesi, 7 anni e 7 anni e 4 mesi per estorsione.

La corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi degli imputati contro il verdetto di secondo grado. Secondo l’accusa i tre, insieme a complici processati e condannati in abbreviato, avrebbero taglieggiato i titolari di una ditta di trasporti di Bagheria. A tutti è stata contestata l’aggravante del metodo mafioso. Due degli imputati erano i gestori di un noto ristorante palermitano, il Bucatino, che diede il nome all’operazione dei carabinieri.

Il processo si basava sulla ricostruzione dei carabinieri. È nel contesto mafioso di Porta Nuova che l’inchiesta affondava le radici. Nel maggio 2012, Tiziana Carla Binaghi e Aurelio D’Amico (parte civile al processo, assistiti dagli avvocati Valerio D’Antoni e Salvatore Forello, hanno ottenuto una provvisionale per il risarcimento danni), titolari della “2D Logistica srl”, un’impresa di trasporti di Termini Imerese, subiscono il furto di un rimorchio carico di elettrodomestici. Bottino: 168.000 euro. Dal mezzo pesante è sparito pure il sistema satellitare, circostanza che fa venire meno la copertura assicurativa.

I due imprenditori piombano nello sconforto. Una sera sono seduti al tavolo del Bucatino, un locale che frequentano abitualmente, in via principe di Villafranca. E si confidano con i titolari. A quel punto De Santis si candida per risolvere la faccenda, vantando la sua vicinanza con la famiglia mafiosa di Palermo Centro. Si dice disposto a recuperare la refurtiva ma chiede, per evitare guai futuri, il pagamento di 15.000 euro a Natale e 1.500 euro al mese a partire da gennaio 2013.

Gli imprenditori accettano la proposta. E pagano i 15 mila euro in tre rate. Non solo, hanno pure il sospetto che dietro il furto ci sia la mano di due dipendenti. I De Santis, padre e figlio, in compagnia di altre due persone, si presentano nella sede della ditta. Si sarebbe trattato di una spedizione punitiva. I due dipendenti raccontano di essere stati chiusi in una stanza, minacciati e picchiati. Gli avrebbero pure stretto un laccio attorno al collo, facendo intendere di essere pronti a strangolarli.

Le vittime accettano di pagare, ma chiedono una dilazione. A luglio vengono convocati in un bar di Bagheria, dove Giovanni De Santis, aprendo il giubbotto, mostra una pistola. Agli imprenditori viene pure rubata una macchina. Sono sconvolti e decidono di lasciare la Sicilia per un po’. Al rientro ricevono la visita di Umberto Centineo. Quest’ultimo è il padre di Francesco. Dal carcere sarebbe arrivato l’ordine di mettere le cose a posto. A una condizione: assumere Centineo padre e un altro figlio come autisti. Cosa che sarebbe realmente accaduta.

Qualche giorno dopo l’assunzione, Centineo rinnova la richiesta di denaro: i De Santis pretendono 32 mila euro. Gli imprenditori si ribellano e denunciano.


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