Pizzo e droga, 25 condanne |San Lorenzo, stangata per il clan - Live Sicilia

Pizzo e droga, 25 condanne |San Lorenzo, stangata per il clan

Sandro e Salvatore Lo Piccolo

Un solo assolto. Torna libero dopo sei anni.

PALERMO – Una raffica di condanne e una sola assoluzione che ribalta la decisione di primo grado. Felisiano Tognetti, difeso dagli avvocati Claudio Gallina Montana e Giovanni Mannino, è stato scarcerato dopo che in primo grado era stato condannato a tredici anni di carcere. Torna libero dopo sei anni.

Per il resto la Corte d’appello accoglie la ricostruzione della Procura al processo contro il clan di Salvatore e Sandro Lo Piccolo a cui sono stati inflitti 30 anni ciascuno di carcere.

Questi i condannati che hanno ottenuto uno sconto di pena: Salvatore Baucina (17 anni in continuazione con una precedente condanna), Pietro Bruno (16 anni in continuazione), Domenico Ciaramitaro (due anni), Anello Cusimano (6 anni e sei mesi), Nicolò Cusimano (10 anni e sei mesi), Fabio Daricca (10 anni e sei mesi), Giuseppe Di Bella (13 anni), Francesco Paolo Di Piazza (12 anni), Giuseppe Lo Cascio (12 anni), Filippo Lo Piccolo (16 anni in continuazione con una precedente condanna), Vito Mario Palazzolo (16 anni in continuazione), Salvatore Randazzo (2 anni che vanno aggiunti a una precedente condanna), Nunzio Serio (19 anni e sei mesi).

Confermate le condanne di Michele Acquisto (12 anni), Pietro Cinà (18 anni in continuazione con un’altra condanna), Giovanni Corrao (5 anni e due mesi), Salvatore D’Anna (12 anni), Lorenzo Di Maggio (13 anni in continuazione con un’altra condanna), Giuseppe Enea (quattro anni e due mesi), Giuseppe Messina (12 anni).

Il processo prendeva il nome dall’operazione Addiopizzo 5. Nel 2010 si concludeva la decriptazione dei pizzini trovati nel covo di Giardinello dove finiva la latitanza dei capimafia, padre e figlio. E sarebbe stato dato un nome ai mafiosi che gestivano il potere anche a Capaci, Cinisi e Terrasini. Complessivamente nelle cinque operazioni gli agenti della Squadra mobile di Palermo arrestarono 184 persone e portarono a galla 87 estorsioni.

I reati contestati prevedevano tutto il repertorio tipico di Cosa nostra. Dall’associazione a delinquere di stampo mafioso all’estorsione, dall’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti; e ancora al porto e detenzione illegale d’armi da fuoco, intestazione fittizia di beni.

Gli investigatori accertarono il pagamento del pizzo da parte di imprenditori impegnati in lavori di ristrutturazione dell’aeroporto Falcone e Borsellino, nella realizzazione della caserma Bighelli dell’esercito, in viale Strasburgo, e di un asilo materno a Cinisi (Palermo). Tredici commercianti decisero, però, di rompere il giogo a cui erano costretti da anni.

 

 

 


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