Porta Nuova, chieste 27 condanne. I 'pilastri', la moglie, il figlio del boss

Porta Nuova, chieste 27 condanne. I ‘pilastri’, la moglie, il figlio del boss

L'elenco degli imputati e le pene che rischiano

PALERMO – La Procura generale chiede di condannare tutti gli imputati, anche quelli che in primo grado sono stati assolti. E invoca anche l’aumento di alcune pene. Sotto processo davanti alla terza sezione la Corte di Appello, presieduta da Fernando Sestito, ci sono boss e gregari del mandamento mafioso di Porta Nuova.

A cominciare da Tommaso e Calogero Lo Presti, zio e nipote, per i quali l’accusa chiede di confermare le condanne rispettivamente a 20 e 16 anni di carcere. Il processo nasce dal blitz dei carabinieri denominato “Vento” del luglio 2022. Per la prima volta sono costituiti parte civile i lavoratori di un’impresa edile, i primi a subire le minacce degli uomini del racket che si presentano nei cantieri. Sono assisti dal comitato Addiopizzo.

Questo l’elenco degli imputati per i quali la procura generale chiede la conferma delle condanne di primo grado: Tommaso Lo Presti 20 anni, Calogero Lo Presti 16 anni, Domenico Lo Iacono 14 anni, Salvatore Di Giovanni 14 anni, Giuseppe D’Angelo 13 anni, Massimiliano D’Alba 12 anni, Gioacchino Pispicia 12 anni e 10 mesi, Gaetano Verdone 17 anni e 9 mesi, Antonino Bologna 7 anni e 4 mesi, Filippo Burgio 20 anni, Vito Lo Giudice 7 anni e 10 mesi, Francesco Domina 3 anni e 4 mesi, Francesco Cerniglia 4 anni e 8 mesi, Antonino Talluto 4 anni e 4 mesi.

Queste le richieste di riforma della sentenza di primo grado: Nicolò Di Michele 20 anni, Andrea Damiano 20 anni, Carmelina Maria Massa 14 anni, Antonino Ventimiglia 20 anni, Antonino Stassi 20 anni (era stato assolto), Roberto Verdone 20 anni; Giorgio Stassi, Marco Verdone, Francesco Verdone 8 anni ciascuno; Giuseppe Giunta 20 anni, Salvatore Incontrera 20 anni, Gioacchino Fardella 7 anni e sei mesi (era stato assolto), Leonardo Marino 20 anni.

Tommaso e Calogero Lo Presti erano tornati liberi dopo una lunga detenzione. Del più anziano Calogero, che tutti chiamano “zio Pietro”, Giuseppe Incontrera diceva “una belva è”. Incontrera fu assassinato pochi giorni prima del blitz in cui furono arrestati la moglie Carmelina Massa e il figlio Salvatore per i quali i sostituti procuratori generali a Roberta Buzzolani e Carlo Marzella chiedono ora un leggero aumento di pena.

Calogero Lo Presti fece un passo indietro per lasciare il potere al nipote Tommaso, che avrebbe deciso ogni cosa, persino il prezzo di vendita della porchetta. Tra i condannati in primo grado anche Filippo Burgio che meditava la vendetta per la morte del figlio Emanuele assassinato alla Vucciria.

Sono costituiti parte civile anche Comune di Palermo, Sos Impresa, Solidaria, Rete per la legalità, Federazione antiracket, Sportello per la legalità, Confesercenti, Confcommercio.


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