Presti: "Io, eretico della bellezza, non so se resterò in Sicilia"

Presti: “Io, eretico della bellezza, non so se resterò in Sicilia”

L'Atelier sul mare e la Fiumara d'arte: il racconto di una navigazione tempestosa

“Io ho sempre cercato la bellezza, per accendere la passione. Ho sempre frequentato le emozioni, per regalarle. Mi trovo in un momento di profonda difficoltà spirituale e anche economica. Continuerò il mio cammino, spero in Sicilia, ma non lo so”.

La voce di Antonio Presti, al telefono, è ripiegata. Fa l’effetto sonoro del fruscio che accompagnava i dischi in vinile di una volta, quando la polvere che si posava tra i solchi era parte dell’ascolto. Mecenate, personaggio, per alcuni, controverso, papà delle Fiumara d’Arte, il museo a cielo aperto, e dell’Atelier sul mare, l’hotel visionario chiuso dopo alterne vicende. Ecco chi è Antonio Presti. Qui si raccontano, in forma sintetica, la storia, lo spartito e il cammino, con la sua luminosità e le sue ombre.

Presti, di recente il presidente Schifani ha espresso apprezzamento per Fiumara d’Arte. Espressioni di stima che lei, sicuramente, avrà gradito.
“Ringrazio il presidente per l’attenzione. Ne ho bisogno, in un momento difficile come questo e la fondazione ha bisogno, dal canto suo, di una interlocuzione forte”.

Che è successo?
“I fatti sono noti. Una ispezione dei Nas, legittima, accolta e commentata con il massimo rispetto che si deve alle istituzioni, ha evidenziato alcune piccole difformità dell’Atelier sul mare. Ne abbiamo preso atto e ci siamo impegnati a risolvere tutto. Poi abbiamo subìto un impatto fortissimo con la burocrazia”.

Le regole sono regole, ne converrà.
“Mai affermato il contrario. Però, osservo anche che il Comune, senza interloquire con noi, ha emesso un provvedimento di sospensione. Noi abbiamo cercato di mediare, di collaborare. E non ci siamo incontrati”.

Con ampia facoltà di replica della parte citata: qual è il messaggio?
“Che è necessaria una maggiore compartecipazione emotiva, quando si parla di cose importanti. Quello che facciamo è tanto, in indotto ed economia, ma, soprattutto, nella rotta immateriale che è stata presa, che si riferisce alle emozioni e alle radici dei significati. Non si può risolvere un intrico del genere con le carte bollate e con la burocrazia. Potevamo appellarci, impugnare… però come si fa a discutere così! Allora ho chiuso l’Atelier, un atto politico ed economico drammatico”.

Lei passa da sempre per eretico: si riconosce nella definizione?
“Sì, tutta la mia storia lo dimostra. Quando si sceglie il valore della differenza, matura una condizione naturalmente eretica. L’eresia non viene riconosciuta, né amata, dal sistema a cui non appartiene. Io mi sento molto solo. Ma apprezzo, come ho detto, l’interesse di Schifani”.

Perché?
“Perché sono un eretico, appunto. Sono proprio solo contro tutti. Faccio un discorso diverso, non come i sindaci che sanno soltanto organizzare sagre col cibo. E la cultura? E l’identità? E l’abbraccio del cuore? Io voglio essere amato e custodito”.

E adesso?
“Sono ferito. L’età avanza. Ho sessantotto anni. Sconto due grandi difficoltà, una spirituale e l’altra economica, mi ripeto. Non mi sento obbligato a rimanere in Sicilia, perché il mio impegno è stato colpito, la bellezza si può seminare ovunque e si è manifestata nella vicinanza di un mondo civile e sensibile che mi ha rincuorato. Posso solo dire grazie a quel mondo. Il cinismo non mi appartiene”.

Rivedremo mai l’Atelier, con le sue stanze diverse, straordinarie e perfino un po’ inquietanti?
“L’idea di partenza è stata quella di rendere il fruitore uguale all’opera. L’albergo-museo è una grande agenzia educativa che suscita stupore, consenso e meraviglia. Per rispondere alla domanda: non lo so”.

Lei ha vissuto diverse stagioni, di cui una alla ribalta, ai tempi del governo Crocetta. Cosa ha conservato di quell’epoca?
“Con Crocetta, che mi ha coinvolto in virtù di una amicizia passata, e con la politica in genere, non ho mai sopportato interferenze. Ho esibito il culto della rinuncia, quando sono stato chiamato in causa. Ho rinunciato perfino a un assessorato. Non ho voti, ma devoti. Sa qual è la mia vera politica?”.

Quale?
“Cercare il pezzo unico, educare e combattere l’algoritmo che anestetizza l’arte”.


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