Gotha, in aula i primi testimoni | I nuovi assetti del clan Cintorino - Live Sicilia

Gotha, in aula i primi testimoni | I nuovi assetti del clan Cintorino

Sarebbe Carmelo Porto, imputato per estorsione nel processo scaturito dall’operazione antimafia Gotha, il nuovo reggente del clan operante a Calatabiano.

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CATANIA. L’omicidio di Salvatore Vadalà e la scomparsa di Giorgio Curatolo sono i due episodi che danno un nuovo impulso alle indagini sul clan Brunetto, operante tra Fiumefreddo di Sicilia e Giarre, e che consentono di ricostruirne nuovi assetti e lotte intestine. E’ quanto emerso nel corso dell’udienza del processo con rito ordinario, scaturito dall’operazione “Gotha”, davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Catania, presieduta da Carmen La Rosa. Alla sbarra Francesco Argiri Carrubba, Salvatore Blanco e Alfio Maio, accusati di traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, aggravati dall’aver agevolato il clan Brunetto; Carmelo Porto e Giuseppe Tornabene, per estorsione aggravata dal metodo mafioso; e Giovanni Calì, in carcere dal gennaio del 2014 con l’accusa di associazione mafiosa.

Nel 2008 il barbaro assassinio del 22enne di Fiumefreddo di Sicilia, i cui autori rimangono ancora senza un nome e un volto, spinge i carabinieri della Compagnia di Giarre, che indagano sul delitto, a concentrare le indagini sul clan Brunetto. Da un’informativa, infatti, emerge che il giovane è vicino al clan. E’ lui ad accompagnare la moglie di uno dei presunti affiliati, Alfio Patanè, in carcere dal marito. A dirlo in aula è il maresciallo Sebastiano Curcuruto, teste dell’accusa, all’epoca dei fatti in forza al Nucleo Operativo della Compagnia di Giarre. Dalle successive intercettazioni dei colloqui in carcere tra Sebastiano Patanè, deceduto nel 2013, e il figlio Alfio, all’epoca detenuto, emerge non solo la nuova scala gerarchica, ma anche alcuni pesanti dissapori tra gli affiliati. L’uccisione del giovane non viene presa bene da Alfio Patanè che, in una conversazione con il padre, minaccia ritorsioni, una volta tornato in libertà. I rapporti con Paolo Brunetto sono ormai tesissimi e il boss non nasconde l’intenzione di uccidere Patanè, come riferito da un pentito, perché “parlava troppo”.

Sempre da un colloquio tra padre e figlio emerge uno degli episodi estorsivi contestati a Carmelo Porto e a Giuseppe Tornabene, affiliati alla cosca Cintorino, operante a Calatabiano, ai danni del titolare di una sala giochi di Fiumefreddo di Sicilia. Un’estorsione commessa, secondo l’accusa, in concorso con Sebastiano Patanè, a riprova dell’esistenza di un sodalizio economico tra i clan Brunetto e Cintorino. E’ qui che si svelano nuovi assetti nel clan che opera a Calatabiano.

“In quel periodo Alfio Patanè – spiega il maresciallo Curcuruto – condivideva la cella con Carmelo Porto. Quest’ultimo, più volte arrestato per associazione mafiosa, è l’attuale reggente della cosca Cintorino”. Nel giugno del 2012, poi, l’improvvisa scomparsa a Giarre di Giorgio Curatolo, probabile vittima di lupara bianca. Anche in questo caso le indagini si concentrano sul clan Brunetto, attorno a cui gravita il 36enne. Vengono disposte intercettazioni ambientali a casa della compagna di Curatolo. “Avevamo notato poco prima della scomparsa – dice in aula il tenente Filippo Testa, ex comandante del Norm della Compagnia di Giarre – che Giorgio Curatolo non si accompagnava più solo a uomini vicini al clan Brunetto ma anche ad altri che gravitavano nel clan Laudani”.

Un allontanamento frutto di alcuni dissapori di natura personale, ma non gradito dai vertici del clan Brunetto. Anche in questo caso l’indagine non consente di risalire agli autori del probabile assassinio ma fornisce importanti elementi utili nella ricostruzione dell’organigramma del clan.

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