Tangenti nascoste nel trolley? | "Perché non fermavano Cappellano" - Live Sicilia

Tangenti nascoste nel trolley? | “Perché non fermavano Cappellano”

L'ex magistrato radiato per lo scandalo misure di prevenzione di Palermo in aula a Caltanissetta

CALTANISSETTA – Nell’incipit del suo esame Silvana Saguto cita i grandi maestri “Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino” a cui si è ispirata quando nel 1981 ha iniziato la sua carriera in magistratura. Furono loro a capire per primi che bisognava colpire la criminalità economica. Proprio come diceva “Leonardo Sciascia”, altra citazione dell’ex magistrato radiato per lo scandalo sulle misure di prevenzione sotto processo a Caltanissetta.

A chiedere l’esame è stato il suo legale, l’avvocato Ninni Reina. Le indagini patrimoniali, dice Saguto, sono la vera forza dell’antimafia: “Il carcere è una forma di deterrenza, ma relativa. Ecco perché ho avuto interesse nelle indagini patrimoniali. Non trovavamo gli amministratori e neppure i braccianti perché si spaventavano ad andare nei terreni”.

Saguto ricorda pure i suoi impegni al di fuori delle misure di prevenzione: “Ho fatto il processo Mattarella, poi ci furono le stragi e la mia è cambiata. Sono finita sotto scorta. Ho presieduto il maxi quater. Ho arretrato 99 persone, sono sempre le stesse persone, alcune le hanno arrestate di nuovo di recente nella nuova cupola”. Ma è nei processi patrimoniali che si è concentrata la sua carriera. Saguto lo dice con vanto, tirando fuori delle cifre: “Con il mio rientro a Palermo i sequestri sono aumentati del 400 per cento”. E non è stato solo suo il merito, perché “il tribunale non procede di ufficio, se a Palermo ci sono stati tanti sequestri dipende dalla sezione e dalla Procura. Non è che eravamo matti, la Procura ci proponeva i sequestri e poi venivano confermati”.

Il colpo di scena arriva quando Saguto tira fuori “l’agenda in cui mettevo i biglietti che ricevevo ogni giorno. Mi venivano segnalati amministratori giudiziari da nominare. È pieno di nomi. Intanto me li segnalavano i miei colleghi: La Cascia, Guarnotta, Tona, D’Agati. Me li segnalavano anche avvocati. Erano persone di cui mi fidavo. Chiedevo solo che fossero persone qualificate. Lei dottore Bonaccorso (Maurizio Bonaccorso le sta seduto di fronte perché insieme a Claudia Pasciuti è il pm dell’accusa ndr) dovrebbe ricordarla l’agenda perché veniva nella mia stanza”. Il pm Bonaccorso la invita a specificare l’episodio e l’ex presidente sembra abbassare il tiro, spiegando che si riferva ad una memoria solo visiva dell’agenda.  Saguto annuncia di volere consegnare l’agenda blu piena di nomi e biglietti da visita al tribunale.

La domanda dell’avvocato Reina è diretta. Chiede cosa fece Saguto, nel 2013, quando ci furono le prime avvisaglie dello scandalo mediatico. La risposta dell’ex magistrato è durissima e chiama in causa Pino Maniaci, giornalista di Telejato, fra i primi a dedicare servizi alla sezione misure di prevenzione, denunciandone la pessima gestione. Saguto attacca: “Maniaci non l’ho mai considerato giornalista o degno di considerazione. Non sa manco parlare in italiano. Non pensavamo potesse danneggiarci. Abbiamo sottovalutato la possibilità mediatica di gente di scarsa cultura. Siamo stati convocati qua (in Procura a Caltanissetta, ndr) da Gozzo e Paci (Domenico Gozzo e Gabriele Paci erano pm a Caltanissetta, ndr). Mi hanno chiesto degli incarichi. Gli ho detto che mio marito (l’ingegnere Lorenzo Caramma pure lui imputato, ndr) lavorava in una sola misura che non era del mio collegio e l’aveva avuta anni prima con il presidente Cesare Vincenti. Si chiuse lì. Non fu aperto un procedimento penale. Maniaci ne continuava a parlare, fino a quando la eco divenne maggiore di questa specie di televisione. Televisione che faceva l’antimafia e si prendeva i soldi della mafia. Prendeva soldi dal proprietario di una cava. Certo è curioso. Impastato (un altro imprenditore a cui erano stati sequestrati i beni, ndr) aveva dato la macchina alla figlia di Maniaci. Abbiamo chiesto che il Cms ci tutelasse ma il Csm chiuse la pratica perché non ne valeva la pena, era una piccola emittente squalificata”. Infine sul conto di Maniaci aggiunge di avere saputo da Claudio Fava (faceva parte della Commissione parlamentare antimafia, ndr) mi disse ‘come possiamo aiutarvi, ma a questo non lo dovevamo arrestare?’ Era una battuta, per me Maniaci non esisteva, ho sbagliato a non querelarlo subito così si stava zitto. Sono andati dietro a un pazzo”. In un passaggio delle intercettazioni era emerso che Saguto fosse stata informata in antico dei guai giudiziari che avrebbero poi coinvolto Maniaci.

Uno dei capitoli chiave del processo è la consegna di venti mila euro a Saguto da parte dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, recordman di incarichi da amministratore giudiziario. Sarebbe stato il prezzo della corruzione. Secondo l’accusa, Cappellano Seminara consegnò il denaro una sera di giugno a casa del magistrato dove li aveva portati dentro un trolley. Ecco come Saguto ricostruisce l’episodio: “Mai ricevuto soldi da Cappellano. Sarete voi (dice rivolgendosi al Tribunale ) e il pm a dimostrare che me li ha dati. Se pensavano che Cappellano aveva dei soldi con sè perché non l’hanno fermato? Dicono per evitare la discovery dell’indagine. Cosa c’era di più importante di trovare i soldi?”. Perché l’amministratore allora andò a casa Saguto alle dieci di sera? “C’erano dei documenti da firmare. Veniva di sera perché di giorno lavorava sempre. Anche altre persone venivano di sera. E poi per ventimila euro c’è bisogno di un trolley?”.

 


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