PALERMO – Funzionario regionale, massone e, secondo l’accusa, a disposizione dei boss di Licata.
Lucio Lutri, in servizio all’assessorato all’Energia, maestro venerabile della loggia palermitana “Pensiero e azione” è un uomo dalle tante facce. Gli altri indagati lo definivano il “dottore di Palermo” e per incontrarlo bisognava presentarsi “in giacca e cravatta”.
Lutri era un risolutore di problemi. Veniva chiamato in causa e attivava una rete di amicizie e conoscenze, tra le file dei massoni come lui, ma anche professionisti, avvocati e persino magistrati. Si mostrava spavaldo e sicuro della sua forza.
Il fermo di oggi è solo l’inizio di un’inchiesta che rischia di coinvolgere decine di persone, alcune delle quali stanno ai piani alti della burocrazia. Molte sono già chiaramente citate negli atti giudiziari, ma al momento non sono indagate.
La Procura di Palermo e i carabinieri del Ros stanno lavorando sulla rete di contatti di Lutri e sui favori che ha chiesto e ottenuto per gli amici boss e per se stesso in un rapporto di do ut des magmatico.
“Lucio la coperta c’è l’ha buona a Trapani”, diceva uno dei fermati, Giovanni Mugnos, per descrivere la caratura criminale di Lutri. Che dal canto suo si mostrava sicuro: “… state tranquilli che io… né muoio né mi attaccano…”. A volte parlava di se stesso in terza persona: “Lucio sta parando l’Agenzia delle Entrate… la polizia… Lucio non ce la fa più… Lucio non può pagare più… omissis… ma io come cazzo faccio a tenere qua la Dia ferma… ma lo capite o no?”.
Mugnos sapeva che Lutri aveva delle talpe tra gli stessi investigatori: “Quello mi telefona da Palermo… dice: ‘tutte cose hanno sentito’… ma insomma va che devo fare … mi devo congedare e me ne vado a Milano?”.
Tra i primi favori chiesti da Giovanni Lauria, “il professore”, c’era la sistemazione della maxi cartella esattoriale per le spese di giustizia e il mantenimento in carcere durante la precedente detenzione. “… a sto ‘professore’… gli sono arrivate 180 mila euro da pagare per il mangiare che si mangiava là dentro… che dici glielo diciamo a quell’amico se questa cosa la sbriga …”, diceva Giacomo Casa. Della vicenda ne discussero in un incontro a Palermo organizzato nel dicembre 2016.
Il 30 gennaio successivo Lutri spiegava di essere intervenuto per evitare che l’anziano Lauria fosse costretto “a pagare l’ira di Dio”. “Mi serve la cartella esattoriale… omissis… e mi servono duemila euro e basta… punto basta… omissis e poi me la vedo io… va bene?… se tu mi dici che dobbiamo risolvere i casini noi li risolviamo”.
Mugnos, titolare di un’impresa agricola, aveva un debito di 40 mila con l’Ismea, l’istituto nazionale di servizi per il mercato agricolo e alimentare. Si di lui pendeva un pignoramento immobiliare. Per mettere a posto le cose Lutri si rivolse ad un commercialista, anch’egli massone: “Ti ricordi che ti parlai di quel discorso Ismea… di questo nostro carissimo amico di Licata che… investimenti eccetera eccetera… io ho il carteggio che riguarda questo discorso che dobbiamo vedere come ripianare qualche cosa..”.
E il funzionario così agganciò “una persona importante dell’Ismea… di tutto il sistema legale… va bene? E mi dirà un attimino come sono le cose. Dopodiché io ti dico per … noi possiamo chiudere in questa maniera… possiamo fare in quest’altra maniera”. L’esito degli incontri deve essere stato positivo, visto che il commercialista riferiva a Lutri: “… siamo nelle condizioni di bloccare tutto… di fermare tutto… bisogna andare a trattare direttamente con Ismea a Roma… tu… già gli puoi dire che la sua pratica è in mano al primo avvocato di Ismea per la Sicilia… l’avvocato capo”. Dal “primo avvocato” arrivarono delle rassicurazioni: “… la pratica…la sto monitorando…che fa vuole pagare oppure no?…l’avvocato che vi sta difendendo… lui è sotto controllo mio…”. Per le spese che l’avvocato stava sostenendo avrebbe ricevuto una busta con cinque mila euro durante un incontro monitorato dai carabinieri.
Lutri si sarebbe attivato anche per risolvere alcune pendenze bancarie di Mugnos con Unicredit e Monte dei Paschi di Siena. A Palermo chiese aiuto a direttore di banca con un passato in politica che si sarebbe attivato per fare ottenere a Mugnos un prestito bancario per ripianare il debito.
Analoghe situazione sarebbero avvenute ad Agrigento in Mps e Unicredit. Nel 2017 Mugnos chiedeva a Lutri se fosse in grado di intervenire con l’ufficio recupero crediti dell’Unicredit perché “qua ad Agrigento c’è una dottoressa a recupero crediti che rompe le palle… e vuole un manicomio di cose io..”. Il maestro venerabile lo tranquillizzava dicendogli che avrebbe risolto tutto: “Come si chiama questa qua…calmati, calmati, calmati che ora ci arriviamo”. In effetti il funzionario chiamò un dipendente Unicredit e pure lui maestro venerabile della loggia massonica “concordia” di Agrigento.
Lutri, su input di Giacomo Casa, si interessò anche per la restituzione dei beni confiscati all’imprenditore Angelo Stracuzzi. Casa si rivolse a lui addirittura per intercedere (“arrivare”) ai magistrati che si sarebbero occupati del caso giudiziario che si era concluso in primo grado e in appello con il sequestro e la confisca. Lutrio aveva una strategia: ”…noi abbiamo bisogno di sapere con chi ti interfacci non solo come legale… cioè… chi è il magistrato che segue l’operazione… va bene?… per noi è importante avere il riferimento del giudice… va bene… ? Perché l’interlocuzione… non è solo attraverso… con il giudice… non è solo attraverso l’avvocato… è attraverso altri canali… omissis… va bene … per cui mi interessa capire chi sono i giudici con i quali ti sei interfacciato o che hanno seguito questa cosa… dopodiché a Roma si fa quello che si deve fare… perché io non mi interessa sapere a…b…c… però mi interessa avere dei numeri per capire qual è il percorso migliore da dovere fare”.
Bisognava arrivare ai giudici della Corte europea per fare passare il ricorso di Stracuzzi: “… io ho capito qua qual è l’operazione… l’operazione che noi dobbiamo fare è quella di… quanto più possibile ritardare questa cosa e arrivare ai giudici in maniera diversa… noi certamente siamo nella condizione …ti dico presuntuosamente… di dire… di lavorare per dire questo ricorso è ammissibile… eh per essere chiari… e qua lo dico di fronte al mio amico… per fare questo io ho bisogno di andare a Roma e a Bruxelles… quindi ho bisogno di… spendere dei soldi… no te lo devo dire in modo molto chiaro… e quindi noi… siccome in grazie di Dio… qualche amico ce l’abbiamo… va bene? eh… questa carta la giochiamo… e sono convinti che questa cosa verrà accettata”.
Anche Casa ebbe bisogno di un favore. I veterinari dell’Asp avevano scoperto che gli ovini e i caprini da latte del suo allevamento erano affetti da scabbia e brucellosi. Bisognava stoppare eventuali controlli. Lutri attivò le amicizie al Dipartimento di prevenzione veterinario, servizio sanità animale di Licata e Palma di Montechiaro, spendendo i nomi di gente che lavora all’Istituto zooprofilattico di Palermo, e all’Azienda sanitaria provinciale di Messina.
C’era chi non era disposto a scendere a compromessi e Lutri non gradiva: “…ora siccome uno la testa non gliela vuole schiacciare per dirti la verità quindi, quanto meno noi non pretendiamo niente ma un minimo di educazione e di rispetto”. Alla fine il medico di Licata si era piegato: “niente…tutto a posto…a posto…pure il caffè ci siamo andati a prendere…pure il caffè”.
Esito positivo ebbe anche l’intervento di Lutri, su richiesta di Giovanni Mugnos e Angelo Lauria, per il rinnovo di un contratto di lavoro all’ospedale Papardo di Messina.
A volte è stato Lutri a chiedere e ottenere favori. Ad esempio per recuperare un credito vantato da un amico. Addirittura avrebbe chiesto ai mafiosi di uccidere il debitore che non voleva pagare. È una delle tante facce, quella violenta, del funzionario regionale che vantava amicizie importanti. Il fermo di oggi dà il via libera a nuove indagini i cui esiti vanno incrociati con quelli già raccolti. Innanzitutto i pm hanno acquisito gli elenchi degli iscritti alle logge.