PALERMO– “Non dobbiamo abbassare la guardia sul fronte Covid, ma è necessario organizzarci meglio anche per gli altri pazienti”. Il dottore Massimo Geraci, primario dell’area d’emergenza dell’ospedale Civico di Palermo, non ha dubbi. E come si potrebbe dargli torto in linea di principio: la guerra contro la pandemia è l’emergenza mondiale da affrontare, ma le altre battaglie non possono essere trascurate.
“In questo momento il virus nei nostri ospedali ha un impatto minore – spiega il primario -. Non possiamo assolutamente rilassarci, sia chiaro, anche perché ci sono i segnali di un leggero aumento negli ultimi giorni. Il punto è questo: garantire al meglio anche le altre attività. Il mio discorso è generale. L’apparente tranquillità che diffusamente si respira da alcune settimane sta riportando i pazienti verso i pronto soccorso, ai quali resta l’improbo compito di garantire i legittimi bisogni assistenziali, anche quelli che dovrebbero essere garantiti in regime di ricovero, stante la forte riduzione di posti letto, in gran parte riconvertiti in posti Covid e quindi sottratti all’assistenza ordinaria”.
Ancora il dottore Geraci: “Non è più sufficiente il processo di riconversione dei posti letto già esistenti in posti Covid. È necessaria una riorganizzazione della risposta assistenziale che continui a garantire il necessario margine di tranquillità sul fronte Covid, garantendo al contempo una adeguata risposta assistenziale alla crescente domanda dei pazienti affetti da patologie ordinarie”.
Si parte da un punto: il pronto soccorso Covid del ‘Cervello’ ha funzionato e sta funzionando benissimo come presidio contro il virus, dunque è opportuno che rimanga come assistenza sul territorio. Tuttavia, è vero che i numeri nelle altre aree d’emergenza, in quelle no Covid, per intenderci, sono importanti. Il Civico, alle dieci e mezza, ha trentacinque pazienti, per un indice di sovraffollamento del 154 per cento. Pesantissima, a valutarla proprio dai numeri, la situazione di Villa Sofia che si è trovata, nel corso di quest’anno, a reggere una mole di lavoro estrema. Allo stesso orario ci sono sessantuno pazienti, per un indice di sovraffollamento di oltre il duecento per cento. E non è nemmeno il picco.