Province, il grande bluff - Live Sicilia

Province, il grande bluff

Fu annunciata da Crocetta come una riforma "epocale". Ma dopo un anno e mezzo, quella che ha dato vita ai Liberi consorzi appare come il più grosso fallimento del governo della "rivoluzione". Mentre i commissari degli enti devono limitarsi all'ordinaria amministrazione. Paralizzando la Sicilia.

PALERMO – “Eravamo pronti a investire quindici milioni. Avremmo messo su il primo museo dell’antimafia al mondo. Ma il commissario ha detto no. E non per colpa sua”. Il flop della riforma delle Province è tutto nelle parole di Rosangela Arcidiacono. È lei la promotrice del progetto “No Mafia musuem”: 1.500 metri quadri dedicati appunto alla cultura dell’antimafia. Quella che piace tanto al presidente della Regione Rosario Crocetta. Lo stesso che da due anni tiene le Province (che nel frattempo hanno solo cambiato il nome in liberi consorzi) rette da commissari. Commissari che, però, stando ai decreti di nomina firmati dagli assessori al ramo che si sono avvicendati in questo periodo, possono solo dedicarsi all’ordinaria amministrazione. Possono, insomma, soltanto “guidare” la macchina evitando che questa finisca fuori strada. Nulla di più.

Così, il commissario della Provincia (ops, Libero consorzio) di Catania, Giuseppe Romano, ha alzato le braccia. È un commissario straordinario e per questo può occuparsi solo dell’ordinario. Addio museo. “Ormai – racconta Rosangela Arcidiacono – la delusione ha superato la rabbia. Il nostro progetto non sarebbe costato un euro alla pubblica amministrazione. Abbiamo chiesto a investitori privati di credere in questo progetto. E abbiamo raccolto 15 milioni di euro. Con circa metà di quelli, tra l’altro, ci saremmo impegnati a ristrutturare uno dei capannoni delle Ciminiere, che sta cadendo a pezzi, giorno dopo giorno”. Ma quei capannoni, quel sito, appartengono alla Provincia di Catania, che, anzi, rivendica la sua potestà sulle Ciminiere, ricordandolo nella home page del proprio sito ufficiale. Ma per affidare “in affitto” quegli stabilimenti, serviva un avviso col quale l’ente avrebbe dapprima verificato l’interesse degli imprenditori, per poi procedere a un bando pubblico. Peccato, però, che la Provincia sia commissariata da mesi, ormai. E lo sarà ancora almeno fino alla primavera. Nel decreto di nomina, al Commissario spetta solo l’ordinaria amministrazione: non ha il potere di emanare bandi di quel tipo. E così, i 15 milioni sono pronti a volare via. “Ovviamente – il rammarico della Arcidiacono – gli investitori ci hanno dato un termine. Non sono disposti ad attendere in eterno”.

E pensare che l’abolizione delle Province era stata salutata come il più grande successo dell’era di Rosario Crocetta. Un risultato sparato nelle Arene televisive e su tutti i telegiornali d’Italia. La Sicilia è la prima Regione a compiere questo passo, esultava il governatore. E con lui la sua maggioranza, in quel periodo forse davvero convinta della portata rivoluzionaria rappresentata da quella legge. Dopo venti mesi, però, l’entusiasmo si è trasformato in amarezza. In diffidenza. E oggi anche gli alleati di Crocetta chiedono a gran voce che il governatore si limiti a ricopiare su carta carbone la legge Delrio. “Con le Province – ha detto ad esempio il capogruppo di Articolo 4 Luca Sammartino – abbiamo fallito: non ha senso proporre riforme che non siamo capaci di portare a termine. Applichiamo da subito la norma nazionale”. Sulla stessa linea Totò Lentini, capogruppo di Sicilia democratica, la forza politica guidata da uno dei più stretti alleati di Crocetta cioè Lino Leanza: “Con le Province siamo partiti per primi – ha detto – e forse arriveremo per ultimi”. Concetto ribadito fino a ieri del presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, che ha persino depositato un disegno di legge alternativo a quello del governo e frutto della condivisione di quasi tutte le forze politiche. La marcia indietro, infatti, è stata platealmente richiesta anche da alcuni renziani di Sicilia. Così, al momento, in commissione affari istituzionali dell’Ars prendono polvere una decina di progetti di legge. Aspiranti riforme delle Province.

Perché in effetti la presunta riforma, al momento, si è concretizzata in un semplice cambio di denominazione, oltre che nell’annullamento delle elezioni per il rinnovo di giunte e consigli. Con una prima legge, quella che qualcuno ha ridefinito la “Giletti-Crocetta”, infatti, l’Ars, dove il governatore non poteva contare su un consenso tale da poter entrare nel dettaglio della norma, si è limitata ad approvare una specie di “norma-quadro”. Senza entrare nel cuore della riforma. Senza spiegare, insomma, alcuni aspetti chiaramente marginali: di cosa dovranno occuparsi i nuovi Liberi consorzi, su quali finanziamenti potranno contare, che fine farà il personale del vecchio ente.

Nulla di tutto ciò è stato finora oggetto di un provvedimento legislativo. Il governo infatti non è riuscito a esitare in tempo il ddl definitivo. Un termine che Crocetta aveva fissato da sè, quello del 30 ottobre scorso. Niente di fatto. Così, ecco le proroghe dei commissari. Tra questi, in un primo momento, Antonio Ingroia. Mandato a Trapani, stando alle dichiarazioni del governatore, per fornire un impulso alle indagini su Messina Denaro. Confondendo chiaramente un commissario di un ente locale con un commissario di polizia. Una nomina, del resto, quella dell’ex pm, censurata anche dall’Autorità anticorruzione.

Così, Crocetta, anche a causa dello stop imposto da Sala d’Ercole, ha evitato di riproporre quel nome. Ma ha avuto il tempo di inventarsi la trovata dei “mini-commissari”. Essendo scaduti gli incarichi dei vecchi e non essendo in grado di procedere con i nuovi, infatti, il governo è stato costretto a inviare per una ventina di giorni alcuni funzionari ad acta, che avrebbero dovuto fungere, diciamo così, da guardiani e riferire quasi quotidianamente al governo. Infine, finalmente, ecco le ultime nomine. Tutta gente di fiducia, stavolta. La metà sono attuali dirigenti generali di dipartimenti delicatissimi, che dovranno quindi dividersi tra Regione e Province, almeno fino ad aprile. E in questo caso Crocetta ha tolto l’ultimo velo da quella che appare una occupazione di lombardiana memoria, inviando nella sua provincia d’origine, Caltanissetta, addirittura il proprio capo di gabinetto, Giulio Guagliano: “Così la gente saprà che quella persona risponde direttamente a me”, ha detto candidamente. “Nel frattempo – commenta l’ex presidente della Provincia etnea Nello Musumeci – la Sicilia va a pezzi. Le Province hanno la competenza sulle scuole e su molti tratti stradali, solo per fare un esempio. E i commissari, che possono solo portare avanti l’ordinaria amministrazione, si limitano a chiudere le strade, piuttosto che ripararle”. Una manifestazione di potere attraverso commissari senza potere. Nemmeno quello di dire sì al museo dell’antimafia. Nonostante la loro nomina fosse giunta dal governo dell’antimafia.


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