"Quando Falcone chiese a Dc e Pci unità contro la mafia" - Live Sicilia

“Quando Falcone chiese a Dc e Pci unità contro la mafia”

Calogero Mannino vuole rileggere la storia della Democrazia cristiana fuori dalle ombre. L'incontro a Enna con Mirello Crisafulli e Lillo Pumilia.

ENNA – “Non volevo fare il commissario della Democrazia cristiana perché era un momento molto difficile: c’erano stati 480 arresti in Sicilia ed era partito il convoglio del bastione. Ma il dottore Falcone mi chiese un incontro…” Per Calogero Mannino è arrivato il tempo di togliersi qualche sassolino dalla scarpa e cominciare a rimettere assieme i cocci della narrazione scudocrociata. Ormai libero dai processi, avendo incassato 15 tra archiviazioni e assoluzioni, ha una gran voglia di parlare. Di dire la sua e reinterpretare i fatti. 

Il più volte ministro e capo della Dc siciliana in una fase crepuscolare, ha raccontato un inedito che riguarda il giudice ucciso dalla mafia. Eccolo: “Ci incontrammo e mi disse: ‘Ma lei perché non vuole fare il commissario della Dc?’ La risposta che mi sarebbe venuta più naturale era: ‘Ma a lei cosa interessa!’ Lui però mi guarda, capisce la mia reazione psicologica repressa, e mi dice: ‘Onorevole, stiamo facendo una cosa che non sappiamo quale esito finale avrà. Se Democrazia cristiana e Partito comunista vi scontrate e sulla lotta alla mafia non tenete un rapporto come quello che avete tenuto con il terrorismo, soprattutto qua in Sicilia, non avremo guadagnato le condizioni minime per vincere. Perché questi delinquenti sono anche attenti alla politica. Se la politica è forte, loro sono anche più prudenti. Se la politica è forte, possiamo pensare anche di sconfiggerli. Il Maxi-processo che stiamo avviando è un fatto importante’. Tanto importante – chiosa Mannino – che i delinquenti hanno reagito con le stragi”.

Insomma, Falcone avrebbe chiesto all’uomo di punta della Dc siciliana – lo stesso che sarebbe poi stato risucchiato in una spirale giudiziaria lunga trent’anni – uno sforzo affinché le due principali forze politiche del Paese tenessero la barra dritta in difesa delle istituzioni e dei giudici palermitani. Non avvenne però nulla di tutto ciò.

Avvenne, semmai, che il Pci pose un distinguo morale tra sé e le forze che avevano governato a Roma e Palermo. “Il Partito comunista avrebbe dovuto fare quello che fece Togliatti con la svolta di Salerno: il massimo di solidarietà”. Ha detto Mannino mentre affila le orecchie Mirello Crisafulli, che lo ha accompagnato durante la presentazione ennese (organizzata da Med-Mez) del saggio La caduta. Eventi e protagonisti in Sicilia 1972-1994 (Rubbettino) dell’ex parlamentare Dc Lillo Pumilia.

“Invece il Pci – continua Mannino – ha deciso di fare quello che sta facendo oggi il Pd, che a ogni stormir di fronde del Cinque stelle entra in fibrillazione. Ma quando ti trovi di fronte a un tema tragico, nella vita politica come nella vita di ciascuno di noi, devi avere il coraggio di tenerti fermo in una linea di principio”.

Mannino insomma ragiona in termini storici e punta a riavvolgere il nastro di quella narrazione che ha visto nella Dc un polo di ambiguità. Una narrazione che passa anche dalle iniziative giudiziarie. Eccolo: “Caselli ha scritto, con Ingroia e ‘Scarpuzzedda’ Scarpinato, un libro che s’intitola la Vera storia d’Italia. Una storia di compromissione tra la Dc, la mafia e il terrorismo. Ma la Democrazia cristiana – afferma Mannino con orgoglio – è stata la vittima del terrorismo. Vittima anche con le sue persone. Questa la verità”.


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