"Quel bar è di un mafioso" |Sequestro a Palermo

“Quel bar è di un mafioso” |Sequestro a Palermo

Il provvedimento riguarda due attività commerciali riconducibili a Giuseppe De Simone, uomo d'onore di Brancaccio. L'intento era quello di riprendersi una buona fetta di mercato dopo il maxi blitz "Old Bridge" e una confisca a suo carico di oltre due milioni di euro.

PALERMO – Il suo patrimonio era già stato colpito da un provvedimento di confisca per due milioni e cinquecentomila euro, ma le indagini hanno condotto a due nuove attività commerciali a lui riconducibili. Giuseppe De Simone, uomo d’onore della famiglia di Brancaccio di 50 anni, finito in manette nel corso dell’operazione “Old Bridge”, aveva intestato tutto alla figlia di diciotto anni: un bar e un’attività nel settore dell’installazione e la gestione di slot machine presso esercizi pubblici.

Il sequestro è così scattato per quattrocentomila euro di beni, tramite il provvedimento emesso dalla Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo: i sigilli sono stati apposti al “Bar Ramses II” di via Tasca Lanza e all’attività di viale Regione Siciliana 5071. Nel corso delle indagini che portarono al maxi blitz “Old Bridge”, nel 2008, il ruolo di De Simone che venne a galla, fu quello di “emissario” nella gestione dei contatti con i vertici delle altre famiglie mafiose. Avrebbe quindi svolto il ruolo di portavoce delle indicazioni che gli venivano fornite da Andrea Adamo, boss al quale De Simone è stato ritenuto vicino e del quale avrebbe curato gli interessi in una operazione di riciclaggio su larga scala. Il suo nome fu trovato anche su un pizzino all’interno del covo di Provenzano

Nonostante la detenzione in carcere, quindi, De Simone voleva riprendersi una fetta di mercato, riuscendo a dare continuità gestionale ed economica al suo patrimonio finito sotto sequestro. A dimostrarlo, anche il nome sull’insegna del bar finito nel mirino degli agentidella Sezione Patrimoniale dell’Ufficio Misure di Prevenzione della Questura di Palermo: “Ramses II”, lo stesso sequestrato nel corso del primo provvedimento che aveva colpito i beni di De Simone dopo l’operazione del 2008, che portò a ventiquattri arresti con le accuse di omicidio, associazione per delinquere di stampo mafioso ed estorsione aggravata.

 

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