Quella 'posta' per Nunzia Graviano |Gli affari segreti delle aziende di Lupo - Live Sicilia

Quella ‘posta’ per Nunzia Graviano |Gli affari segreti delle aziende di Lupo

Nunzia Graviano

Le vicende della Ag Trasporti, sequestrata dalla Guardia di finanza, si intrecciano con quella di un'altra impresa dal nome simile, la Az trasporti. Da qui, secondo gli investigatori, partivano le "mesate" per la "picciridda" della famiglia di Brancaccio.

PALERMO – Le imprese di trasporti come base operativa del clan mafioso. Luoghi di summit e punto di partenza delle trasferte alla volta di Roma per consegnare migliaia di euro a Nunzia Graviano, a picciridda, erede del clan che da decenni domina su Brancaccio.

Le vicende della Ag Trasporti, sequestrata dalla Guardia di finanza, si intrecciano con quella di un’altra impresa dal nome simile, la Az trasporti con sede in via Salvatore Cappello, una strada nello stesso rione palermitano. Le due imprese condividono i locali della filiale trapanese di contrada Birribaida, a Campobello di Mazara. Entrambe sarebbero riconducibili al capomafia Cesare Lupo. La sola Ag trasporti vale 4 milioni e 700 mila euro.

C’era un gran viavai di gente al civico 44 di via Cappello. Non si trattava solo di clienti. L’azienda, infatti, era la sede operativa del clan di Brancaccio. Formalmente era amministrata da Christian Divano. Secondo l’accusa, però, il vero dominus sarebbe Cesare Lupo. Circostanza che emergerebbe dalle parole di Giovanni Arduino, suocero di Divano che ne tesseva le lodi: “Ora… che sono io qua dentro, prima per i soldi mi sbattevate la testa, aspettavo a lui o a quello. Una volta che c’è Cesare… o Cesare o io… dire tremila euro posati là dentro li abbiamo avuti, abbiamo pagato le persone… la benzina la pagavamo noi, gli stipendi li pagavamo noi, l’affitto lo pagavamo noi”. Insomma, con Cesare Lupo in azienda la crisi non ha scalfito i bilanci aziendali. Tanto che Arduino invocava la protezione divina: “Io mi auguro che… il Signore non ci tolga a Cesare di mezzo i piedi… ma non per cosa… perché è una persona che ci può dare una mano perché…”.

Nel 2011 Lupo avrebbe pure ideato un piano per chiudere le imprese e ripartire sotto altre insegne, facendo sparire i libri contabili in cui, evidentemente, c’erano situazioni poco chiare. Il piano, però, saltò dopo l’arresto e il pentimento di Fabio Tranchina. Il timore di un possibile coinvolgimento di Cesare Lupo nelle inchieste giudiziarie avrebbe spinto Divano a fare le valigie per tornare a Cuneo, sua città d’origine.

Una paura reale visto che pochi mesi dopo Lupo sarebbe davvero finito in manette con l’accusa di avere fatto parte del triunvirato che reggeva la cosca per conto dei fratelli Graviano. Ad inchiodarlo sarebbero state una sfilza di intercettazioni registrate proprio nei locale dell’impresa di trasporti. In via Cappello si pianificava ogni attività. E si cercava di tenere lontani gli “sbirri”. I mezzi di trasporto non venivano mai parcheggiati all’esterno per evitare che venissero riempiti di microspie. Durante le conversazioni era vietato citare le persone per nome e cognome. I telefonini dovevano essere tenuti spenti. E i locali venivano “bonificati” dalle microspie. Tutto inutile perché gli agenti della Sezione criminalità organizzata della squadra mobile sono ugualmente riusciti ad ascoltare in diretta le riunioni dei boss. Si parlava innanzitutto del pizzo. Come nel caso di un marmista che aveva ricevuto la visita di qualcuno non autorizzato a riscuotere la messa a posto. Giuseppe Arduino, altro uomo forte a Brancaccio, spiegava a Lupo come intendeva muoversi per mettere in riga l’improvvisato esattore: “Ora io parlo con lui… se questi non ne sanno niente, questo quando viene uno ci fa: senti… ma a te chi ti ha autorizzato a venire a fare questi discorsi qua e là … non è che io vengo a casa tua e vengo a fare questi discorsi, prima vengo a tuppuliare”. E Lupo ribatteva: “Ma poi chi sono questi? Tu li conosci?”. Arduino: “No, ca tannu stu discursu aggiustavu io…”. Lupo: “Eh! Babbianu i cristiani”.

La raccolta del pizzo non era un argomento da prendere sottogamba. Anche perché, dicono gli investigatori, i soldi erano destinati alla famiglia Graviano. In particolare a Nunzia, anche lei arrestata nel 2011 assieme a Lupo e Arduino. E così quando saltava una riscossione Lupo andava su tutte le furie. È il caso dei soldi non raccolti da Matteo Scrima, anche lui finito in manette. “Ha fatto un poco di bile”, diceva Girolamo Celesia parlando di Giuseppe Aerduono. “Di bile, perché? Matteo non ci deve dare niente? – chiedeva Lupo -. Ci vogliono 5.000 euro, io avevo l’appuntamento, dove li devo andare a prendere 5.000 euro?… gli dici, scusate, lui ha l’appuntamento, oggi, glielo ha detto, che ci deve fare avere a quelli la a… ci deve fare avere cinquemila euro… che sono soldi di quelli, loro si tengono i soldi… i soldi dei cristiani non se li devono tenere in tasca, si ci danno subito”. Arduino: “Se io arrivo… se io arrivo prima e me ne vado… se io li capito… e me ne vado, gli ho detto, perché io …li, devo portare tutta questa sera ai cristiani…io li devo portare tutta questa sera ai cristiani… con almeno diecimila euro… magari magari non mi porterei assai, magari diecimila euro, giusto è?”.

Arduino sarebbe stato l’uomo incaricato del delicato di portare il denaro a Roma. Alle 14, e 20 del 23 dicembre è partito da via Salvatore Cappello a bordo di una Mercedes intestata all’Az Trasporti. Alle 2 e 46 successive i poliziotti hanno fotografato il suo arrivo in via Santa Maria Goretti nel cuore della Capitale. Arduino è sceso dalla macchina per dirigersi verso il portone al civico 16. Poi, è tornato in auto, ha aperto il bagagliaio per prelevare alcuni pacchi. Dentro c’erano, secondo l’accusa, i soldi della cosca. In quella casa abitava Nunzia Graviano. Erra la lei il destinatario del denaro.

 


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