PALERMO- “A Brancaccio abbiamo percepito stati d’animo diversi: dal sollievo, alla rabbia, alla pietà, minoritaria, che pure c’è stata. Non è facile, per i ragazzi, elaborare una vicenda così grande come quella legata al nome sanguinario di Matteo Messina Denaro”.
Il professore Domenico Buccheri è il vicepreside dell’istituto comprensivo ‘Pino Puglisi’, nel quartiere in cui un parroco coraggioso fu ucciso dalla viltà della mafia. Viene comodo definirlo un quartiere di frontiera, Brancaccio, ma con scarsa fantasia. Perché, specialmente in certi giorni, è come se non confinasse con niente. Disarticolato e lontano dal resto della città. Ed è bene andare a sbirciare come si racconta un fatto di cronaca così forte, affinché la sua eco illumini il contesto.
“Qualcuno ha quasi applaudito…”
“Qui ci sono quelli che ci abitano – dice il professore -. Non si viene a Brancaccio per visitare qualcosa o per mangiare una pizza. In classe abbiamo parlato della morte del boss. Qualcuno ha quasi applaudito, o comunque ha mostrato sollievo, per la scomparsa di un ferocissimo mafioso. Altri studenti si sono indignati per i messaggi di affetto e di cordoglio al suo indirizzo, sui social. Le reazioni, come dicevo, sono state varie”.
Ma la mafia esercita ancora un suo perverso fascino, in certi luoghi, magari socialmente più fragili? Il professore ci pensa su e risponde: “No, l’opera di don Pino Puglisi è stata fondamentale per cambiare le cose, a Brancaccio e altrove. Con il suo omicidio, con la barbara esecuzione del piccolo Giuseppe Di Matteo, Cosa nostra ha realizzato un vero e proprio atroce autogol. Come se i mafiosi avessero gettato la maschera e ogni alibi su presunti discorsi di onore, a cui nessuno può credere, fosse caduto. Qualcuno, comunque, era dispiaciuto per la morte di Messina Denaro. Però, è stato più un sentimento di umanità nei confronti di chi era, pur sempre, un uomo “.
“Ma Cosa nostra è viva”
Da un pezzo di Palermo all’altro. La professoressa Antonella Di Bartolo è la preside dell’istituto comprensivo ‘Sperone-Pertini’. Pure nella sua scuola la cattura e la fine dell’ex ‘Primula rossa’ sono state commentate con interesse e quella cifra di smarrimento normale, in un passaggio cruciale. “Si è parlato soprattutto della cattura – dice la preside -. I ragazzi hanno capito che, se prendi la strada sbagliata, non può finire bene. Erano contenti per l’arresto, perché lo Stato ha vinto e si è dimostrato più forte della mafia. Mi pare un segno importante di cambiamento. Però…”.
La professoressa Antonella punta lo sguardo sull’ambiente che circonda la sua scuola e lo descrive. “Qui allo Sperone – dice – c’è la mafia viva e concreta dello spaccio, una cappa che permea il territorio. Messina Denaro è morto, Cosa nostra non ancora”.