Il nuovo governo si appresta a ‘battagliare’ sulle modifiche del reddito di cittadinanza. Il Partito democratico infatti preme per modificare la misura economica targata Movimento cinque stelle. Un passaggio che si preannuncia più complicato della modifica di ‘Quota 100’, formula con cui da quest’anno è possibile la pensione anticipata con 62 anni di età e 38 di contributi, alla quale il partito guidato da Luigi Di Maio sembra essere più propenso.
Nello specifico, il Pd chiede intanto di implementare l’inserimento nel mondo lavorativo degli aventi diritto al reddito di cittadinanza, come osserva Il Messaggero, dati i risultati non soddisfacenti dello strumento: i primi patti per il lavoro erano attesi per l’inizio di luglio, ma i membri delle famiglie immediatamente ‘attivabili’ li sigleranno a partire dall’inizio di settembre.
L’idea sarebbe quella di inasprire le sanzioni per chi non si presenterà nei Centri per l’impiego il giorno della convocazione, ma anche per chi in seguito all’avvio del reinserimento occupazionale non parteciperà alle iniziative di orientamento. Al momento, per le famiglie con accesso al ‘reddito’ che non si presentano nei Cpi sono già previste sanzioni pesanti: sospensione del bonus per un mese a chi diserta il primo colloquio, per due mesi in caso di una seconda assenza, revoca totale del diritto al bonus dopo tre appuntamenti mancati senza giustificazione. Tra le ipotesi avanzate finora, Il Messaggero menziona quella di far scattare il decadimento già al secondo appuntamento mancato, e di punire la prima mancata convocazione già con la sospensione di due mensilità anziché una. Pareri discordanti anche sugli extracomunitari: i dem considerano eccessivo il vincolo dei dieci anni di residenza in Italia e vorrebbero abbassarlo almeno a 5).
Settembre è un mese decisivo per le convocazioni, che non saranno destinate solo a che percepisce il bonus, ma anche a tutti i maggiorenni della famiglia non occupati o che non frequentano un regolare corso di studi. Esclusi i beneficiari della pensione di cittadinanza, gli anziani con età superiore a 65 anni, i componenti di famiglie con impegno di cura per bambini sotto i 3 anni o per persone non autosufficienti, e i disabili; questi ultimi però sono liberi di aderire volontariamente in caso ci sia la volontà di iniziare un percorso di inserimento lavorativo.
L’ultimo nodo riguarda le risorse: in occasione di un’audizione sull’esame degli ultimi provvedimenti relativi ai saldi di finanza pubblica, il presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio Giuseppe Pisauro ha riferito che nel 2019 la spesa per alimentare il reddito di cittadinanza potrebbe ammontare a 4,4 miliardi di euro, con un risparmio di circa 1,2 miliardi di euro rispetto alle stime. Dunque, abortito l’obbiettivo della flat tax con aliquota al 15%, il Partito democratico vorrebbe persuadere la controparte a utilizzare i risparmi per tagliare il cuneo fiscale e quindi provocare un lieve aumento degli stipendi dei lavoratori.