"Il Pd riparta dalla sinistra| Primarie? Avrei dovuto esserci" - Live Sicilia

“Il Pd riparta dalla sinistra| Primarie? Avrei dovuto esserci”

Ninni Terminelli

Ninni Terminelli spiega il suo ritorno nel Pd, che partito vorrebbe e sulle primarie...

L'INTERVISTA A NINNI TERMINELLI
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5 min di lettura

PALERMO – “Il Pd è cambiato e oggi deve guardare a sinistra”. Quasi un anno dopo Ninni Terminelli ritorna tra i democratici: ex coordinatore cittadino, consigliere comunale di lungo corso prima con i Ds e poi con il Pd con cui è stato candidato anche alle ultime Comunali, nell’agosto del 2012 ha lasciato la casa madre per fondare un suo movimento (Prospettiva politica) e candidarsi alle Regionali con Sel. Oggi, però, rientra nel Pd con Fabrizio Ferrandelli e Antonella Monastra e annuncia: “Bisogna rifondare il partito e ripartire dalle idee”.

Lo scorso agosto lei lasciò il Pd definendolo una Spa di stampo feudale, oggi vi ritorna. Cosa è cambiato in meno di un anno?
“In quasi un anno è cambiato molto nel Pd. C’è un’aria nuova, determinata dal fermento che c’è nel partito, nel Paese e in Sicilia che riguarda i militanti, i giovani di OccupyPd, le nuove idee che hanno determinato quello che non c’era prima: la presenza di una sinistra. Mi riferisco ai Giovani turchi, a Fabrizio Barca, a Pippo Civati che, anche in seguito alla votazione su Romano Prodi come candidato alla presidenza della Repubblica, hanno creato uno spazio di sinistra che fa intravedere la possibilità di una nuova fase costituente. Tutti oggi prendono atto che il Pd, che aveva enormi difficoltà ad esprimere una sua identità, adesso fa i conti con questi fermenti e queste personalità”.

Facciamo un salto indietro e torniamo alle ultime Comunali, dove lei era candidato nel Pd…
“Io veramente ero addirittura candidato alle primarie, poi scelsi la convergenza con Fabrizio Ferrandelli”.

Se ne è mai pentito?
“Col senno di poi forse avrei fatto bene a partecipare alle primarie per rappresentare un pensiero che in quel momento cittadini e elettori mi chiedevano di portare avanti, un po’ come ha fatto Antonella Monastra”.

Da quelle elezioni il Pd ne uscì con le ossa rotte. Perché, secondo lei?
“Perché si commise l’errore di considerare Palermo la tappa di una battaglia regionale, mentre Palermo per la sua grandezza e la sua storia, così come avvenuto a Milano con Pisapia, a Napoli con De Magistris o a Torino con Fassino, meritava un confronto tutto comunale. C’era un braccio di ferro nel Pd e un’intera generazione del centrosinistra è stata vittima di questa situazione, consegnando la vittoria a Orlando che invece ha cavalcato l’unicità di Palermo. Ci siamo tutti ritrovati dentro una battaglia titanica che vide il Pd passare dai dieci seggi del 2007 ai soli tre del 2012”.

A quel punto lei sbattè la porta e si avvicinò a Sel…
“No, non mi sono avvicinato a Sel: io ho fondato l’associazione Prospettiva politica e, da indipendente, vengo invitato a far parte di quella lista in occasione delle elezioni Regionali”.

Elezioni che però non vanno bene: la coalizione di sinistra, dopo il pasticcio della residenza di Claudio Fava, ripiegò su Giovanna Marano ma senza fortuna…
“Alle Regionali si doveva andare tutti insieme, questa è la verità”.

Però il Pd ha vinto lo stesso, anche se alleato con l’Udc…
“Diciamo che se la lista Crocetta, quella del presidente, fosse stata quella del centrosinistra unito, Crocetta avrebbe avuto più deputati in Parlamento e tutto il centrosinistra sarebbe stato rappresentato all’Ars. La mancata unità in quel momento fu determinata da tanti fattori e differenze che pochi mesi dopo, alle Politiche, si annullarono”.

La sua lista non ottenne nemmeno un seggio, ma lei fu comunque il secondo più votato in città…
“Sì, è vero: in quella lista dove c’erano big del centrosinistra e io ero praticamente solo, sono stato il secondo più votato di quella lista in città. Quel risultato, benché non elettivo, ha mostrato comunque e confermato la funzione e l’importanza di una storia e inizia a quel punto un dialogo durato mesi con varie espressioni del Pd che mi invitano a ragionare e confrontarsi, soprattutto Ferrandelli ma anche altri. Trova così risposta la mia necessità di sinistra”.

Non pensa che qualcuno possa criticarla, per aver lasciato il Pd e poi essere ritornato?
“La mia è stata una storia sempre coerente, quello che mi ha mosso è sempre stato lo stare a sinistra. E oggi si riannodano i fili della mia storia con il ritorno nel Pd e il ritrovarmi insieme a Fabrizio Ferrandelli e Antonella Monastra che con me erano all’opposizione di Diego Cammarata”.

Andiamo all’oggi: lei cita Barca e Civati, ma poi si unisce a Ferrandelli che è un renziano. Non sono inconciliabili le due cose?
“Si conciliano molto bene invece e questo lancia un messaggio preciso al partito: il Pd è stato per anni chiuso nella battaglia delle sue componenti, e Palermo fu l’emblema di questa guerra, è stato un partito prigioniero delle sue divisioni e lacerazioni. Trovo interessante che persone che, pur avendo idee diverse, hanno comunque un vissuto comune all’opposizione di Diego Cammarata, possano ritrovarsi insieme: questo esprime un modello di quello che dovrebbe essere il Pd. Nella diversità vanno trovate le convergenze e questo modello va allargato a tutto il partito: non importa il nome del segretario che si vota, ma che si sia uniti nel progetto di un Pd aperto che per me deve essere culturalmente di sinistra, e penso a una sinistra moderna e aperta a misure che riguardino la crisi e l’occupazione”.

Qualche nome per il congresso?
“Credo che il tema degli uomini sia l’ultimo, qui dobbiamo discutere dell’identità del Pd. I nomi da mettere sul piatto sono la logica conseguenza e partire dai nomi sarebbe un errore”.

Lei è stato in passato molto vicino ad Antonello Cracolici…
“Io ho stima per la storia politica di Antonello Cracolici e lo considero una risorsa del Pd. Diciamo che a un certo punto sono subentrati dei distinguo che oggi portano a quello che è oggi il quadro politico nel quale mi identifico. Però nel Pd che io immagino parlano tutti, un partito deve avere la capacità di confrontarsi e discutere. C’è stata a un certo punto una distanza politica ma si va avanti. Quando usciranno le mozioni e passeremo ai nomi in congresso, il partito dovrà ritrovare il senso del confronto con tutti”.

 


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