Rigore inventato da Romeo |Non ci resta che... vincere - Live Sicilia

Rigore inventato da Romeo |Non ci resta che… vincere

A Torino decisivo un penalty ultra generoso concesso dal fischietto veronese per una spintarella di Donati su Vucinic. Ora non ci resta che vincere le tre sfide con Udinese, Fiorentina e Parma che ci separano dalla fine di questa sciagurata stagione. Un sogno ad occhi aperti? Possibile, ma che altro ci resta da fare?

Il processo del lunedì
di
5 min di lettura

PALERMO – Giovedì leggendo le designazioni arbitrali un brivido mi ha percorso lungo la schiena: “Romeo? A posto siamo, la partita è finita prima ancora di cominciare”. Subito dopo mi pento del mio cattivo pensiero, anche se, come diceva Andreotti: “A pensar male spesso ci si azzecca”. E passo tutto il fine settimana, fino alle ore 15 di ieri, con quel pensiero fisso che mi assilla. Non mi dà pace: “Vuoi vedere che, se la Juve tarda a far gol, ci pensa lui inventandosi un calcio di rigore?”. Poi mi faccio forza, mi costringo a pensare ad altro, perché così è la vita di un tifoso: pensare al peggio solo quando non c’è più niente da pensare, altrimenti aggrapparsi pure all’aria, ai sospiri, ai sogni. E per tutta la settimana mi immagino, come faccio sempre da una vita, la partita, dal primo all’ultimo minuto, alla fine colorandola sempre e solo di rosanero: è più forte di me, io il Palermo battuto in partenza non me lo figuro mai, neanche se a dirigerla c’è un arbitro tristemente noto come Andrea Romeo da Verona.

Ricordo, tra tanti, un episodio di un Palermo-Inter di un paio di stagioni fa. Il Palermo è appena passato in vantaggio e spinge con veemenza per mettere al sicuro il risultato, visto che dall’altra parte c’è un avversario fortissimo, l’Inter di quell’autentico castigo di dio (soprattutto per il Palermo: due i suoi gol anche nella finale di coppa Italia) che è Samuel Eto’o. Rapida incursione sulla fascia destra di Cassani, che entra in area e viene steso platealmente: è rigore. Ma l’arbitro è Romeo e, pur trovandosi a pochi metri dal fattaccio, chiude tutti e due gli occhi e fa cenno di proseguire. Una vera cavolata, perché l’azione si è svolta ad un pelo dal suo naso, non poteva non aver visto e, oltre al penalty, doveva gettar fuori l’autore del fallo (mi pare di ricordare fosse Samuel) come ultimo uomo. Quella partita finì con Samuel Eto’o che fece due gol e la sua Inter si portò via i tre punti. Adesso vi sarà più chiaro  il perché dei miei brividi di gelo quando ho letto il suo nome quale arbitro della partita forse più importante dell’intera stagione del Palermo. Eppure tutto il primo tempo sembra smentirmi clamorosamente: con la Juve che giochicchia, non affonda i colpi come sa, e il Palermo sta sulle sue, guardandosi bene dallo stuzzicar il can che dorme. 0-0 all’intervallo e io che mi lascio sorprendere da un pensiero fortemente autocritico: “Come al solito ho visto le streghe là dove c’erano solo angeli”, mi dico come a volermi flagellare per aver pensato male di un onest’uomo.

L’inizio della ripresa è più vivace, la Juve sembra più determinata e i miei tremori crescono sempre più, ma vedo che c’è un Sorrentino in grande giornata e quindi mi attacco al pensierino della sera, che ho sentito alitare in giro da più parti: “Un punto per uno non  fa male a nessuno”. Vuoi vedere, penso, che finisce così, sullo 0-0 e ce ne andiamo tutti a casa soddisfatti? Qualcosa di simile borbottano i due telecronisti che, più che impegnati nella telecronaca, sembrano due amici che si guardano la partita al bar tra una birra e l’altra e vanno avanti a forza di salamelecchi. Insomma, sembra un pomeriggio di tutto riposo anche per un tifoso superapprensivo come me. Ma d’improvviso Romeo decide di dar corpo a tutti i miei fantasmi della vigilia e in una spallata di Donati su Vucinic intravede gli estremi della massima punizione: 1-0 per la Juve e partita praticamente chiusa. Un vero colpo di mano, l’ennesimo di una stagione disgraziata, al di là delle carenze della nostra squadra: 11 rigori contro ed uno solo a favore qualcosa devono pur significare, a dispetto di certi buontemponi che ritengono che nel calcio, come nella vita (sic), la fortuna non esiste. Se non è disdetta quella di imbattersi in un arbitro come Romeo che, qualche minuto prima, sorvola su un fallo plateale di Bonucci su Miccoli a due passi dall’area di rigore (lo afferra per la gola e lo tira giù), scena che gli si dipana davanti agli occhi, permettendosi poi di sorridere beffardo alle (velate) proteste del capitano ed invece fischia il penalty per una spinta da tergo assolutamente veniale, ripeto, se non è disdetta questa, ditemi cos’è, perché io non so darle un altro nome. E anche se racconto il fatto forse con troppa enfasi, so di essere nel giusto anche perché i due telecronisti il rigore di Romeo l’hanno definito “molto, molto generoso”. Il che, detto da uno come Caressa, che difficilmente si sbilancia a sfavore della Juve, mi dà forza ed allora, la svista di Romeo, mi viene di definirla alla Fantozzi : “Una bojata pazzesca”. Ovvero l’ennesima prova che nel nostro calcio niente e nessuno è capace di estirpare la mala pianta della sudditanza psicologica, che fa più danni della grandine su un campo di grano.

E la cosa che mi fa infuriare di più è che la Juve è così forte da non aver bisogno di questi aiuti e che probabilmente, come meritava, avrebbe vinto lo stesso. Quindi, alla stregua dei conti, tanto servilismo nei confronti della “Signora” , oltre che inutile, è controproducente perché accresce i sospetti di favori e privilegi, che alla Juve non giovano, visto che è comunque la squadra più forte della serie A e che ha strameritato il secondo scudetto di fila. Ma il danno ormai è fatto e forse è definitivo, perché il Genoa, come previsto, ha strapazzato il Pescara e noi dopodomani dovremo vedercela con una delle squadre più in forma del torneo: l’Udinese di Guidolin. Uno che non si rilassa mai e che se decide di portare la sua squadra in Europa League (come merita) ci riesce, senza non guarda in faccia nessuno. Senza lasciarsi intenerire neanche dal suo passato rosanero, che lui ama spesso ricordare come uno dei periodi più belli e gratificanti  della sua carriera di allenatore. Batterlo non sarà facile, ci vorrà il miglior Palermo, quello visto nel primo tempo della partita con l’Inter: la stessa grinta, la stessa rabbia, la stessa cattiveria agonistica e, in  più, un’accortezza tattica speciale, che non è servita con i nerazzurri ma che sarà indispensabile con l’Udinese. E poi sperare che il Torino fermi il Genoa, così da affiancarlo un’altra volta e giocarci poi tutto con la Fiorentina al “Franchi” e il Parma al “Barbera”, nell’ultima di campionnato. Sto sognando ad occhi aperti? E sì, è possibile, ma che altro mi resta da fare?


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI