Riscossione tra ritardi e malintesi | Perché non si incassano le tasse - Live Sicilia

Riscossione tra ritardi e malintesi | Perché non si incassano le tasse

La società regionale notifica in ritardo una cartella da 250 mila euro. Condannata a pagare metà del debito. Una storia esemplare

La sentenza della Corte dei conti
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PALERMO – È solo un caso. Un esempio. Che racconta però più di quanto riescano a fare titoloni e trasmissioni televisive. Ritardi, omissioni, malintesi sono alla base dell’evasione record da 52 miliardi denunciata alcuni giorni fa dall’amministratore unico di Riscossione Sicilia Antonio Fiumefreddo. A ricordarlo, con una sentenza, è la Corte dei conti. Appena dieci giorni fa, infatti, i giudici contabili hanno discusso in appello la vicenda su una mancata riscossione da 250 mila euro circa per debiti di una società siracusana. Soldi mai riscossi per un ritardo di otto giorni.

La vicenda inizia nel 2002. La società Met srl deve al Fisco quasi 247 mila euro. La scadenza per la notifica della cartella è fissata dalla legge al 31 dicembre del 2006. C’è tempo, insomma. Ma fino a un certo punto. Perché l’Agenzia delle entrate iscrive “a ruolo” il debito solo nel gennaio del 2006. E qui va spiegato in sintesi il meccanismo. Ad accertare il debito è infatti l’Agenzia delle entrate che, appunto, “iscrive a ruolo” la somma rendendola “pronta” per la riscossione. Mentre in quasi tutte le regioni italiane a riscuotere è Equitalia, in Sicilia il compito è ricoperto dall’azienda Riscossione Sicilia che in quegli anni si chiamava ancora “Serit”.

Insomma, Riscossione viene a conoscenza che c’è quel debito da riscuotere con undici mesi di anticipo rispetto alla scadenza per la notifica della cartella. Ma quei mesi non basteranno. Perché nel frattempo. Riscossione non riesce a individuare correttamente la residenza del titolare di quell’azienda. L’uomo, infatti, inizialmente residente a Sortino, nel Siracusano, si era da poco trasferito in Lombardia. E così, passeranno la bellezza di sei mesi, prima di individuare l’indirizzo giusto a cui notificare la cartella.

A quel punto, però, ecco l’imprevisto. Essendo il titolare dell’azienda debitrice residente al Nord, Riscossione, tra le varie possibilità a disposizione per notificare la cartella, sceglie di ricorrere alla società che svolge il compito analogo a Milano, ossia la “Esatri Esazione tributi spa”. L’agente di riscossione lombardo, a sua volta, non brillerà per solerzia. E così la notifica giungerà solo l’8 gennaio del 2007. Sette giorni dopo la scadenza. Addio al recupero di quel debito. Addio a 250 mila euro di tasse che avrebbe incassato la Regione Siciliana.

In primo grado, la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti aveva “assolto” Riscossione Sicilia, considerando decisivo in questo ritardo il comportamento della “cugina” milanese. Ma l’appello ha in parte capovolto questa decisione, condannando Riscossione al risarcimento della metà di quella somma “sfumata”: oltre 123 mila euro di danno all’erario.

I giudici, infatti, hanno puntato il dito chiaramente contro il comportamento della società in quegli anni. “Il Concessionario – scrivono i giudici – aveva oltre 11 mesi per notificare la cartella esattoriale alla società debitrice. Detto termine si appalesa oltremodo congruo per l’adempimento dell’obbligo di notifica”. E nessuna “scusa” può assolvere Riscossione da queste responsabilità: “L’agente della riscossione – si legge sempre nella sentenza – è deputato, infatti, professionalmente alla notifica della cartella esattoriale e non può certo esimersi dagli effetti dell’inadempimento e, quindi, della perdita del credito erariale, invocando l’operato del suo delegato”. Anche perché Riscossione non sarebbe nemmeno intervenuta in maniera decisa per evitare il “guaio”: “Il rilevante importo e i ritardi accavallatisi – scrivono sempre i giudici contabili – avrebbero dovuto indurre il Concessionario Riscossione Sicilia spa (già Serit Sicilia spa) a vigilare affinché il delegato adempisse con tempestività allo svolgimento del delegato servizio”. E invece “nessun controllo è stato fatto sull’operato del concessionario delegato. Nè la parte appellata – prosegue la sentenza – ha dimostrato che solleciti siano stati tempestivamente fatti all’Agente della Riscossione delegato per sollecitarne l’adempimento”.

Insomma, la responsabilità di Riscossione Sicilia sarebbe chiara, per i giudici. E solo in parte “mitigata” dalla “concorrente responsabilità” dell’Agenzia delle Entrate “per avere dato il ruolo non già in data vicina alla presentazione delle dichiarazioni da parte della società, ma a distanza di tre anni e del Concessionario della Riscossione di Milano Esatri Esazione Tributi spa che ha provveduto materialmente alla notifica solo in data 8 gennaio 2007”. E così, ecco il doppio danno. La società debitrice non deve pagare un euro. Mentre la società regionale – quindi pubblica – è condannata a mettere di tasca propria la metà del debito non riscosso: oltre 123 mila euro. “Si tratta – commenta l’amministratore unico di Riscossione Sicilia, Antonio Fiumefreddo – del meccanismo contro cui punto il dito dal mio insediamento, fatto di inefficienze e anche di omissioni. Quando noi non riscuotiamo o quantomeno non dimostriamo di aver fatto di tutto per riscuotere la somma, provochiamo un danno all’erario. Per troppo tempo si è fatto così”. E così la Sicilia non ha riscosso quel debito. Una storia che è solo una goccia in un mare da 50 miliardi: quello dei debiti mai riscossi dall’Isola.


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