Cultura, Zappalà:"Politici |e artisti lavorino per la città" - Live Sicilia

Cultura, Zappalà:”Politici |e artisti lavorino per la città”

Il direttore artistico della Compagnia Zappalà danza di Scenario Pubblico si racconta in un’intervista a tutto campo.

l'intervista
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CATANIA. E’ un artista, ma non smette mai di considerarsi un lavoratore. Al successo non ci pensa troppo, perché protagonismo e capricci non aiutano a costruire. Insomma, la danza prima di tutto per Roberto Zappalà, fondatore e direttore artistico della Compagnia Zappalà danza a Scenario Pubblico. Ieri si è concluso lo spettacolo ”Lava Bubbles” per il festival I Art. Un grande successo per un evento site-specific nato dal progetto “Nella città, la danza” ideato da Zappalà. In una lunga intervista il founder della compagnia di danza contemporanea, oggi realtà apprezzata in tutta Europa, ci racconta la sua vita, i suoi sacrifici, delineando un quadro nitido della situazione e di alcuni problemi che investono la città di Catania.

Roberto Zappalà

Si è appena concluso con grande successo lo spettacolo “Lava Bubbles”, un titolo forte ed evocativo. Perché proprio la lava?

“E’ stato intanto un omaggio al nostro territorio. La lava è arrogante, quando arriva, arriva. Ma soprattutto richiama moto la fluidità del corpo e il ritmo dei movimenti tipici del linguaggio tecnico della nostra compagnia. Credo che siano suggestioni che abbiano un fondo di verità. Si dice che i siciliani siano vulcanici, e non penso sia solo uno stereotipo, c’è un fondo di verità. In tutta la compagnia non c’è un catanese, io sono l’unico. Da siciliano sento fortemente queste sensazioni”.

 Lo spettacolo corona i festeggiamenti celebrati di recente con lo spettacolo “Twenty five years running” a Scenario Pubblico.

Un primo piano del direttore artistico

“Ma in realtà i festeggiamenti si concluderanno nel mese di settembre con dei “Dance Attack”, che svolgeremo in diversi luoghi della città, nei punti più strani e all’improvviso. Ma per il momento non voglio ancora anticipare nulla. “Lava Bubbles” è stata una delle tappe, così come la “Nona” al Bellini che rientra nel progetto “Nella città la danza”, un progetto appunto che nasce dall’idea della danza alla mercé della città. Quindi non al chiuso o in uno spazio definito. La scelta di svolgerlo a Piazza Università non è stata casuale: è un crocevia di giovani, turisti e passanti e pieno di bar e negozi. Abbiamo rotto quel meccanismo secondo cui il pubblico decide di andare al teatro, acquistare un biglietto e sedersi a vedere uno spettacolo. Non c’interessa necessariamente, vogliamo che il pubblico fruisca della nostra arte anche in maniera occasionale e ne rimanga colpito. Lava Bubbles inoltre ha visto tre oratori sul palco parlare della questione delle “residenze” artistiche: se queste sono utili al territorio e all’artista o delle volte ingombranti. Diciamo una riflessione colta, ma alla portata di tutti. Era l’operazione che avevamo proprio in mente di fare”.

A proposito di fruizione di cultura: Catania sta affrontando purtroppo un periodo triste specie per quanto riguarda i teatri. Dall’altro lato, però, la sua Compagnia di danza con Scenario Pubblico ha da poco ricevuto da parte del ministero dei Beni e attività culturali il prestigioso riconoscimento del titolo di Centro di produzione della danza. Qual è la sua riflessione a riguardo?

Roberto Zappalà

“Sicuramente la situazione è un po’ stantia. Ma io non vorrei dare giudizi nei confronti della città, ma credo che in generale il pubblico abbia sempre visto i due enti principali come le uniche istituzioni per antonomasia dedite alla produzione di cultura. Ormai anche la nostra Compagnia partita come privato, è divenuta un’istituzione che riceve finanziamenti da parte principalmente del ministero e solo in piccola parte da parte della Regione. A differenza dei teatri non c’è un Cda e non c’è politica sicuramente. In tal senso ci sentiamo dei privilegiati, ma questo riconoscimento ce lo siamo conquistati con enormi sforzi. Ecco credo ci sia stato spesso un eccessivo inchino referenziale nei confronti delle istituzioni solo perché pubbliche, appunto. Non considerando invece altre realtà che dimostrano al contrario di lavorare con pari qualità e impegno”.

Secondo il suo parere, dunque, in cosa si è sbagliato finora?

“Ripeto sono un artista e non m’interessa esprimere giudizi, non sta a me farlo. Con certezza posso affermare che occorre lavorare tutti guardando nella direzione della qualità e rapportarsi reciprocamente con le istituzioni in maniera serena e allo stesso livello, dunque senza prosopopea. Personalmente cerco di fare questo lavoro con grande umiltà. Molti pensano che per fare l’artista non si debba essere umile. Io in realtà la penso diversamente. Non faccio molto caso al successo, non m’interessa. Mi sento solo un artigiano che si preoccupa di fare il suo lavoro nel migliore dei modi. Lo faccio come se fosse qualsiasi altro lavoro perché è il mio dovere e non so fare altro. Poi è chiaro che da artista ci metto il mio ego e va benissimo, ma occorre capire il contesto. Ecco mi auguro che anche gli altri facciano questo ragionamento dai più potenti ai meno potenti, dalla politica ai singoli artisti. Si deve lavorare per la città. Solo così facendo credo possa crescere. E questo è un discorso che può valere per qualsiasi altra città. Ma non sempre accade”.

Che genere di direzione occorrerebbe prendere, dunque, per favorire una reale inversione di tendenza rispetto ai problemi attuali?

“Forse l’unica cosa che mi sento di poter criticare un po’ è la mancanza di progettualità culturale e di relazioni vere con la città. Io in trent’anni non ho mai visto progettualità nella direzione artistica dei teatri. Ho visto tante buone stagioni, ma mai inserite all’interno di un progetto artistico e culturale proprio dell’ente. Quando abbiamo fatto “Scenario Pubblico” tanti anni fa, pensammo ad un vero e proprio progetto culturale pensato per la città e secondo una linea ben definita. Inizialmente i miei collaboratori volevano metterci dentro anche musica e teatro. Io mi opposi, perché alla città ritenevo in quel momento mancasse la danza. Soldi non ne avevamo, avevamo le idee ed un progetto chiaro e con questo siamo cresciuti. Abbiamo riempito quel buco che c’era nella città. Ecco credo che questo ci abbia aiutato sino ad oggi a far sì che il ministero sposasse il nostro progetto, peraltro privo di interessi politici o altro. I teatri, dunque, specie quelli grossi ritengo debbano pensare ad una progettualità. Poi è chiaro che mi rendo perfettamente conto come da parte loro non sia affatto facile, soprattutto quando i fondi mancano e ci si ritrova a gestire strutture pensate molto tempo fa con proporzioni eccessive, parlo proprio in termini di numeri. Hanno certamente un compito difficile ed ingrato, bisogna capirlo. E sbagliare capita a tutti, può anche darsi che l’anno prossimo sarò io a farlo”.

Quest’anno la compagnia ha festeggiato i primi venticinque anni di attività. Voltandosi indietro si sarebbe immaginato di crescere così tanto e c’è qualcosa che cambierebbe?

“No, non cambierei niente, rifarei tutto quello che ho fatto con l’onestà intellettuale che ho sempre voluto metterci. Senza mai fare il passo più lungo della gamba. Siamo stati un diesel anche perché abbiamo scelto di vivere in questa città, dunque l’esportazione delle nostre idee è stata molto più difficile e lenta. Se avessimo vissuto in una città del nord per esempio, sicuramente sarebbe stato più semplice, anche solo raggruppare i critici o far parlare gli attori o altro. Ma questo in realtà per me ha reso tutto più interessante, costruire tutto questo, poco alla volta. Il linguaggio tecnico della nostra Compagnia ci appartiene e ci appartiene proprio perché io ho vissuto qui. Se avessi vissuto ad Amburgo sarebbe stato diverso, non so se meglio o peggio. Questo me lo sento, dunque tornando indietro non cambierei davvero nulla”.

Roberto Zappalà

Il prossimo obiettivo della Compagnia Zappalà danza?

“Ma ironicamente mi verrebbe da dire, ci vediamo nel 2017! Siamo naturalmente un po’ stanchi, perché quest’anno abbiamo fatto tantissime cose. Solitamente si costruisce un balletto in tre quattro mesi, noi quest’anno ne abbiamo fatti tre. Però in realtà abbiamo già molte cose in serbo. L’impegno grosso ci aspetta già nel marzo 2016 al teatro di Ferrara con la grande produzione “I am beautiful”, che sarà un elogio alla bellezza”.


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