Caro Saro,
Finalmente te ne vai. Non sarai mai più presidente di niente, dal 5 novembre in poi, nemmeno di una bocciofila, nemmeno di una onlus per gli orsacchiotti orfani. Nessuno ti affiderebbe mai alcunché – neanche un condominio, neppure il suo cane – dopo avere visto lo sfascio realizzato in Sicilia, con una classe – dobbiamo riconoscerlo – da campione del mondo degli sfascisti in politica.
Sia detto a tua maggiore gloria, non era facile fare peggio, aggiungere un’altra tacca in basso, dopo il Cuffarismo e il Lombardismo, con le loro clientele, i loro cerchi magici autoreferenziali e quel governare come se non ci fosse un domani. Eppure, tu ci sei riuscito. E te ne andrai, salutato dal rancore e dall’indifferenza, regalandoci la memoria di una lunga scia di imposture.
‘Governicchi’ che si sono susseguiti, senza cambiare niente, anzi, mandando in malora tutto. Assessori via via più improbabili. Non un problema risolto che fosse uno. In compenso, la retorica profusa a piene mani: le affermazioni sconclusionate nel salottino dell’adorante ‘amico’ Giletti, l’antimafia ridotta a vessillo sbrindellato di vanità personali, la rivoluzione rivenduta come un elisir per gonzi.
Adesso è tutto finito: te ne andrai. Certamente, non gratis. Qualcosa deve pur dartela Matteo Renzi – un rottamatore assai esperto nell’arte ammuffita del compromesso, sempre di politica si parla – per toglierti politicamente di mezzo, affinché lo zerovirgola che prenderesti, se mai avessi l’orgoglio folle di ricandidarti, non renda ancora più cocente la meritata sconfitta elettorale del centrosinistra.
E tu l’opportunità l’hai colta magistralmente al volo, altro che orgoglio, altro che follia. Nei conti e nei ricavi sei un maestro. Sai che nessuno ti voterà mai più e stai agitando il minuscolo spauracchio di te, per ottenere la massima puntata al bancone delle convenienze. Rinunci, per restare aggrappato al sistema, in una redditizia poltroncina di seconda fila.
Perché – diciamocelo in confidenza, Saro – a te, della Sicilia, dei siciliani, della fame, della sete, del lavoro (che non c’è), della speranza (che fatalmente declina) non te ne è mai fregato niente. Vuoi una postazione di sicurezza per te e per i tuoi. Nei contesti normali, chi agisce con una tale catastrofe di risultati, viene accompagnato alla porta, senza gentilezza. Tu vivi sull’Olimpo della casta, che è altra cosa, lontana e dissimile dai lamenti dei poveri mortali di quaggiù.
Infatti, sarai salvato, un posticino e al sole te lo troveranno, per quella rinuncia che stai contrabbandando – ecco l’ultima impostura – alla stregua di un atto di eroismo, quando è appena un atto di necessità e di sopravvivenza.
Del resto, basta leggere le tue più fresche parole (e altre ne pronuncerai oggi, in conferenza stampa): “Non decido niente da solo. Torno a Palermo per parlare con i miei e concordare collegialmente il possibile ritiro della mia candidatura alla presidenza. Ma la mia lista ci sarà sia il 5 novembre che, per il Senato, alle prossime Politiche. Io lascio le cose a posto, e questa è una grande soddisfazione. Con il nostro lavoro il centrosinistra può e deve vincere. Sarò felice di consegnare una Sicilia così al mio successore. Non credo che il nostro senso di responsabilità dimostrato oggi potrà essere dimenticato dal segretario del Pd”.
Dove si intravvede ogni dettaglio, lo scambio, il traccheggio e il cartellino politico del prezzo bene in vista. La chiamavano rivoluzione, era soltanto un commercio: l’ultima e più tragica bugia. I siciliani che “lasci a posto”, per molti anni a venire, sentitamente, non ringraziano.