ROMA – Grande è la confusione sotto il cielo democristiano, ma Gianfranco Rotondi prova a fare ordine. Dal processo poi naufragato di riunire gli aficionados dello scudocrociato passando per l’accelerazione di Totò Cuffaro, Rotondi spiega perché “la Dc non è mai morta” ma non è quella dell’ex presidente della Regione siciliana.
Onorevole Rotondi, ci spiega questa polemica con Totò Cuffaro?
Non c’è nessuna polemica personale perché ho grande affetto per Cuffaro che considero un amico. Noi avevamo individuato un percorso comune per costruire una riunificazione dei partiti democristiani. Penso innanzitutto all’Udc di Cesa e alla mia Dc che è l’unica legittima nata nel 2004 che ha avuto due gruppi parlamentari alla Camera e al Senato, uno presieduto dall’onorevole Pomicino. E poi ha sospeso le attività per entrare nel Pdl con Forza Italia e An. Poi quando il Pdl è finito ha ripreso le proprie attività. E quindi, a tutti gli effetti, una Democrazia Cristiana c’è già in Parlamento da me rappresentata e c’è da vent’anni. Ed è un partito, al pari dell’Udc, autorizzato dai partiti eredi della Democrazia Cristiana. Con Totò avevamo l’idea di riunire tutti. La sua iniziativa siciliana l’avevamo vista con simpatia nell’ambito di questo discorso non nell’ambito dell’idea che potesse lui da solo, o con pochi amici, rifondare la Dc che non è mai morta, è ancora giuridicamente viva con simbolo e nome, esiste ma non è la sua.
Voi pensavate a un comune percorso di riunificazione?
Ma è stato comune. In occasione delle regionali siciliane l’Udc si è presentato con la lista di Cuffaro. Mi sembrava che si fosse imboccata la strada di costruire con atti giuridicamente corretti e inattaccabili una nuova Dc che ci potesse riunire tutti. Il congresso di ieri è una accelerazione, una forzatura, un voler dire faccio da me. Ma a parte che in politica non si fa mai nulla da soli, lui non poggia su presupposti giuridici fondati perché con il fatto di convocare il ventesimo congresso va esattamente contro la sentenza della Cassazione da cui parte. Quella sentenza ha validato tutti quanti gli atti giuridici compiuti dai rappresentanti legali della Dc da Martinazzoli a Buttiglione ai successori. Quindi lui sostanzialmente incorre in un comportamento che è addirittura configurabile come un reato: è abuso della credulità popolare, un millantato credito, l’appropriazione di un altro soggetto politico.
Quindi ci conferma che procederete a livello legale?
Naturalmente dico questo per eccesso, nessuno sporgerà querela perché tutti riconoscono la buona fede di Cuffaro e confidiamo nella correzione di questo errore. Se dovesse insistere, dal punto di vista civilistico, ossia del nostro diritto alla nostra identità e al nostro nome è inevitabile che solo un Tribunale potrebbe mettere ordine e quindi ci rivolgeremo a un Tribunale, questo è scontato.
Alla fine questa diaspora democristiana come finirà?
Io confido che sia recuperabile perché riconosco la buona fede. Per anni sono circolate
bande di democristiani arrabbiati che assumevano di essere i rifondatori e Totò che è un generoso è caduto in questa trappola in cui sono caduti tanti prima di lui perché sono ben 12 i tentativi di rifondare la Dc eleggendo un proprio segretario. Lui è solo il dodicesimo a provarci. Noi abbiamo agito giudiziariamente contro tutti, avendo sempre ragione, perché l’unica Dc è quella rinominata Partito Popolare da Martinazzoli e che è ancora viva. Ha semplicemente diviso i suoi assetti, lasciando il patrimonio al Partito Polare di sinistra, il simbolo all’Udc e il nome alla Dc di Rotondi. Oltre questa tripartizione ci sono solo vellità. La storia è quella e la magistratura l’ha sempre validata e riconfermata.