Russo: "Sanità da riformare, i pazienti devono essere al centro del sistema" - Live Sicilia

Russo: “Sanità da riformare, i pazienti devono essere al centro del sistema”

Massimo Russo
Convegno alla Kore di Enna
L'INIZIATIVA
di
6 min di lettura

Si terrà oggi e domani all’università Kore di Enna il convegno “Il Servizio Sanitario Nazionale e la formazione in Sanità”, promosso dall’università in collaborazione con “Innovazione per l’Italia” e il patrocinio di “Fondazione Sicilia” e “AiSDeT”. Tra i relatori anche l’ex assessore regionale alla Salute Massimo Russo che ha scritto un pezzo per LiveSicilia sulle stringenti necessità di riformare il sistema.

Il nostro sistema sanitario vive una profonda crisi. Nonostante l’ammirevole ed encomiabile sforzo per contenerne gli effetti, la pandemia da Covid ne ha comunque evidenziato i limiti strutturali e adesso stenta vistosamente a ripristinare le normali e ordinarie funzioni di assistenza e di cura dei pazienti. Il sistema ospedaliero pubblico è stato il più compromesso dagli effetti del virus, non avendo potuto contare, per alleggerire la pressione dell’emergenza, né sulla medicina territoriale rivelatasi gravemente deficitaria sull’intero territorio nazionale né su quella convenzionata o privata.

Mentre si discute di autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario, le disparità regionali ed il divario tra nord e sud costituiscono la cifra caratterizzante del nostro Servizio Sanitario Nazionale; 21 realtà sanitarie diverse, ciascuna con connotazioni legislative e gestionali proprie; gap mai ridotto nell’erogazione delle risorse e negli investimenti costituiscono gli aspetti più probanti del fallimento dei suoi primi 40 anni.

Come dicono tutte le analisi economiche e come emerge dall’impietoso raffronto con gli altri paesi europei, il sistema è sotto finanziato. Posti letto insufficienti e debolezza dell’assistenza territoriale; strutture da rinnovare logisticamente e tecnologicamente; gravissime carenze di organico di medici e infermieri; fuga dei professionisti dalle strutture pubbliche dove oramai si respira un intollerabile clima di pesantezza e di frustrazione per le condizioni di lavoro. Sono tutti i sintomi dell’improcrastinabilità di un corposo rifinanziamento del sistema per riallinearsi alle medie UE, per recuperare l’aumento dei costi, in primis per il caro energia e per la galoppante inflazione, e per mettere soprattutto un freno alla sua progressiva involuzione.

Ma tale necessità è direttamente proporzionale all’insensibilità della politica che da una parte ha rinunciato al MES sanità, un prestito straordinario di 37 miliardi dell’Unione europea a condizioni vantaggiose, dall’altra ha impegnato decine e decine di miliardi per il superbonus 110%, una scelta a vantaggio di pochi abbienti in danno di tutti gli altri cittadini. I quali, ogni giorno, vivono sulla loro pelle l’agonia di un sistema che non riesce più ad assicurare il diritto fondamentale alla tutela della salute in condizioni di pari dignità e uguaglianza di accesso, determinando sempre più spesso discriminazioni intollerabili ed eticamente inaccettabili.

Quote importanti di malati sperimentano quotidianamente le crescenti difficoltà di accesso al sistema sanitario. Le lunghissime liste di attesa operano drammaticamente come selettore sociale: chi è abbiente si sposta sull’offerta privata, pagando direttamente o in virtù di assicurazioni o fondi aziendali, e così ricevendo tempestivamente prestazioni ed assistenza. Gli altri, i più fragili, i meno abbienti, sono costretti ad attendere, il più delle volte con tempi incompatibili con il decorso della malattia o, più semplicemente, come si rileva sempre più spesso, a rinunciare alle cure anche a causa di ticket sempre più esosi che finiscono per essere una moderna quanto insopportabile tassa sul macinato!

Non possiamo, tuttavia, arrenderci a questa realtà, ad uno Stato che abdica dalla sua fondamentale funzione di assicurare l’uguaglianza formale e sostanziale nel settore più delicato della tutela del bene universale della salute. Non possiamo e non dobbiamo accettare che il nostro sistema sanitario venga ulteriormente compromesso e che lentamente abbandoni i suoi principi fondanti, uguaglianza, equità universalità, per fare posto, come forse surrettiziamente già previsto e voluto, ad un sistema ibrido: la sanità pubblica, povera e sotto finanziata, per i poveri e quella privata, sempre più florida e performante, per chi se la può permettere, quando invece sarebbe fondamentale, nell’interesse dei cittadini, operare per consentire una virtuosa sinergia tra i due comparti, quello pubblico e quello privato.

Non possiamo sottrarci all’impegno etico di dare un contributo di idee, anche solo di denuncia, di vibrante denuncia, per provare a salvaguardare la più grande infrastruttura sociale della nostra storia repubblicana, una ricchezza da non perdere come ci ha ricordato Papa Francesco qualche anno fa. Si tratta, come si vede, di questioni di grande portata politica e sociale. E’ necessario che su questi temi si apra nel nostro paese un dibattito serio, privo di ideologismi, tutto orientato a determinare le migliori condizioni strutturali, tecniche, organizzative per salvaguardare la salute, la salute di tutti. La sanità deve essere considerata come un fattore di sviluppo e di creazione di risorse, non più solo un problema economico poiché in questa logica economicistica rimangono inevitabilmente schiacciati i diritti sociali delle persone e delle comunità.

Il sistema sanitario è chiamato ad affrontare problemi e situazioni che in modo diretto o indiretto incidono sulla qualità della vita e sul benessere fisico e psichico delle persone. E la salute delle persone è un valore in sé ed è una legittima aspirazione di tutti. Ogni discorso che parli del sistema in quanto tale, non correlato a quella funzione, parte da un approccio sbagliato. Il malato non è soltanto sintomo e nemmeno biologia ma è persona e relazioni: va recuperata la centralità del paziente, che rischia di essere il “grande assente” del sistema e, parallelamente, la figura di un medico capace non soltanto di curare ma anche di “prendersi cura” del paziente.

Si avverte il bisogno di un nuovo umanesimo che ci metta a contatto, un contatto reale, con gli uomini, le donne, i bambini, gli anziani, con le loro fragilità, con i loro malesseri, con il loro bisogno di salute. La società chiede di essere curata in modo diverso dal passato, esige scienza, cultura, valori, sensibilità, personalizzazione. Di fronte alle nuove sfide che attendono i sistemi sanitari, di fronte alla complessità e delicatezza dell’impresa nessun sapere è autosufficiente.

C’è dunque bisogno di nuove elaborazioni di pensiero per sostenere innanzitutto scelte culturali e lungimiranti decisioni politiche dinanzi alla grave crisi del nostro sistema, alle nuove necessità sociali – si pensi alla medicina della migrazione e al ruolo che la Sicilia è candidata ad assumere-  ed economiche ma anche alle sfide del progresso scientifico. La posta in gioco è altissima. Il sistema di tutela della salute universalistico si avvia verso un inevitabile declino. Per arrestarlo, c’è bisogno di mettere insieme le competenze, le idee, le nostre passioni e le nostre intelligenze. Bisogna provarci.

Con questo spirito a Enna, all’auditorium Scelfo, si dibatterà nel convegno “Il Servizio Sanitario Nazionale e la formazione in Sanità”, promosso dall’Università Kore di Enna insieme al centro studi “Innovazione  per l’Italia” che riunirà, nelle due giornate, esponenti di rilievo del mondo istituzionale, sanitario e universitario nazionale e regionale. Al centro dell’incontro, venerdì 8 e sabato 9 settembre, i temi attuali, dalla formazione alle infrastrutture, dalla programmazione territoriale alle questioni che riguardano il personale medico e delle professioni sanitarie e l’innovazione digitale.


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