"Saiful sembrava turbato | Ecco chi era mio padre" - Live Sicilia

“Saiful sembrava turbato | Ecco chi era mio padre”

Delitto Corrao. Parla la figlia
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”La sera prima del delitto, Saiful non era lo stesso ragazzo gentile di sempre. Era strano, nervoso, turbato. Come covasse una seconda personalità”. Lo dice Antonella, seconda dei tre figli del senatore Ludovico Corrao, nella sede della Fondazione Orestiadi, ricordando le ore precedenti al delitto di suo padre e il suo presunto assassino. ”Una uscita di scena sorprendente. Una beffarda, tragica ironia della sorte la sua fine – prosegue la figlia – per un uomo che non aveva paura di nulla, che aveva sfidato la mafia, i poteri, le arroganze, ogni convenzione, ogni malattia…. No, non si meritava di morire così”.

 ”Sabato sera avevamo mangiato insieme la pasta con le vongole che gli avevo preparato – ricorda – Eravamo felici, lui ci coccolava con lo sguardo ma era sempre lo stesso, nonostante gli anni. Padre rigoroso, attento. Mangia piano, non divorare, mi aveva sgridato a tavola, aveva ragione. Lui ci aveva anche insegnato i tempi della vita, dell’impegno politico, sociale, dell’etica sopra ogni cosa e dell’estetica insieme a tutto. Lui che detestava la volgarità, la stupidità”.

”Quella mattina io dormivo, serena, sopra il suo appartamento, con i miei figli – continua Antonella – Ci hanno svegliato i carabinieri. Ricordo tutto della nostra vita: quando ci portava in tribunale a sentirlo arringare, era una meraviglia. Quando ci voleva ai comizi, quelli di Alcamo in particolare. Da stadio, grandiosi, con Rosa Balistreri e Ignazio Buttitta che poetavano e cantavano per lui. Quando si batteva per il suo Belice e trascinava gli altri sindaci a Roma. Quando apriva le porte di casa ai grandi artisti del mondo e ce li faceva sentire vicini, come parenti. Quando all’inaugurazione del Museo delle Trame nel 1995 venne il ministro Paolucci e, guardando le opere più belle, gli chiese stupitissimo: ‘Tutte sue?”’.

A Gibellina gli anziani ripetono che Corrao era ”un uomo superiore” che ”questa città, il Belice gli deve tutto”. ”Noi figli, all’inizio, non capimmo fino in fondo – conclude – oggi siamo fieri di sapere che sono tutte nostre e che ci uniscono alle arti di tutto il mondo. Era il nostro occhio sulla vita”.


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