Salvatore e Samuel, quei ragazzi dello Zen

Quei ragazzi dello Zen di Palermo

La strage. Salvatore Calvaruso, Samuel Acquisto e non solo loro
LA STRAGE DI MONREALE
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Da quale lontananza arrivano quei ragazzi dello Zen di Palermo, con le loro facce tardo-adolescenziali, con il marchio da novizi dell’orrore? Sono di carne e ossa, come noi, ma ci rifiutiamo di riconoscerli. Li troviamo alieni, imperscrutabili, in forza del sangue che, in forma di accusa, macchia la loro vita, nel riflesso di tre vite giovanissime distrutte dalla violenza suscitata a Monreale.

Salvatore Calvaruso, il primo fermato, secondo la cronaca disponibile, ha fatto fuoco. Samuel Acquisto, il nuovo fermato, si è presentato spontaneamente: anche lui è accusato di concorso in strage per una crudele serata di mattanza. Le indagini avranno un seguito.

Chi sono dunque (questi) quei ragazzi dello Zen, tanto distanti e talmente vicini, da costringerci a guardarli negli occhi, a scrutarli, lineamento per lineamento, tentando di capire l’anatomia del male? E’ un dettaglio rivelatore la scriminatura intagliata? Lo è la catenina al collo, con l’esibizione di occhiate spavalde? Gli strafottenti sorrisetti che sembrano, alla luce degli eventi, già brutti e pronti per una fiction sul disagio, i neo-melodici, e le pistole, che storia raccontano?

Retorica e ‘ghigliottina’

La domanda appare cruciale perché è a questo punto del percorso che si snodano le interpretazioni con relativi spartiti. E ci finiscono dentro la periferia sgarrupata, ma anche la canzone dell’abbandono con il suo giustificazionismo deviato, ma pure il repellente prurito di forca e ghigliottina, ben oltre la necessaria giustizia: e che sia la più giusta e decisa. Senza dimenticare l’immancabile condizione giovanile.

Per cui converrà volare bassi e rispondere col minimo scarto d’errore plausibile: sono due individuali ragazzi dello Zen, caratterizzati, alla stregua di tutti, dalle supreme scelte singole e dall’influenza dei contesti. Secondo le attuali risultanze dell’inchiesta, hanno messo in pratica, in segmenti specifici, il linguaggio della brutalità, con una presentazione al mondo destinata a inghiottirli per sempre. Per colpa da carnefici, non per l’innocenza delle vittime.

Un Papa dello Zen?

Ora prendiamo un respiro, distogliendoci dall’odore del sangue e immancabilmente abbracciando chi soffre per l’altrui ferocia. C’è un amore spezzato, ma rinascerà ogni giorno, nella memoria di Andrea, Massimo e Salvo. Adesso, prendiamo un respiro e ricordiamo altri ragazzi dello Zen.

Chiunque abbia sfiorato una scuola del rione sa quante ragazze e quanti ragazzi mostrino vivissimi intelletti e passioni in abbondanza. Invece, scandalosamente, tanti meritevoli non supereranno l’isolamento delle periferie. Così ci perderemo il cardiologo dello Zen in grado di compiere miracoli medici, il principe del foro dello Zen, il docente universitario dello Zen e – chissà – il Papa dello Zen.

Chiunque abbia chiacchierato con gli insegnanti di troppe esistenze irrisolte conosce le ferite della frustrazione, incardinata dal pregiudizio. Se si alza il ponte levatoio della discriminazione, nessun guado si rende più attraversabile.

Fra’ Loris D’Alessandro, per esempio, è un tenace e soave ragazzo dello Zen che esercita attualmente la sua missione di cappellano dell’istituto penitenziario Pagliarelli.

Discutendo di casa sua, anni fa, disse: “Aumenta la sensibilità, c’è tanta bella gente che vorrebbe essere aiutata ma non ha occasioni perché le istituzioni sono assenti. Ho un piccolo appello da consegnare: l’invito allo studio e al lavoro onesto. Mi raccomando, ragazzi”. Non sono mancati gli interventi, è vero. Ma ciò che era distante, nell’immaginario e nelle cose, non è stato avvicinato. Un’isola ha bisogno di un ponte, non di imbarcazioni, per non dirsi più tale.

Quei ragazzi, questi ragazzi

Ci sono quei ragazzi. Quei ragazzi che uccidono. Quei ragazzi ammorbati da miti bastardi che, a loro volta, li uccideranno, magari lasciandoli respirare.

Ci sono queste ragazze e questi ragazzi perbene, volenterosi, abbracciati a un sogno. Partono, senza sapere se arriveranno. Però, partono. Qualcuno ha il cuore adolescente, con i capelli bianchi. Al momento, leggono sui social inviti stupidi a radere al suolo il quartiere. Ma non si arrendono, né demorderanno in nessun caso. Sono la speranza dello Zen. E di tutti noi.


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