L'omicidio di Mirko Sciacchitano | Ai domiciliari chi scatenò la follia - Live Sicilia

L’omicidio di Mirko Sciacchitano | Ai domiciliari chi scatenò la follia

La rosticceria "Al bocconcino" dove avvenne il ferimento di Luigi Cona

Lascia il carcere Francesco Urso, condannato per aver ferito Luigi Cona. Ricorso dei pm al Riesame

Palermo - mafia
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PALERMO – Gli hanno concesso gli arresti domiciliari, ma la Procura non ci sta e ha fatto subito ricorso al Riesame. È una decisione che fa già discutere quella che riguarda Francesco Urso, condannato alcune settimane fa a 4 anni e 8 mesi di carcere. Furono le sue pistolettate a scatenare il pomeriggio di follia culminato nell’omicidio di Mirko Sciacchitano. Urso è stato giudicato colpevole in primo grado di lesioni e detenzione illegale di arma. È caduta, però, l’aggravante mafiosa. Mafioso, però, secondo l’accusa, sarebbe il contesto in cui maturò la decisione di Urso di fare fuoco contro Luigi Cona, scatenando la reazione che provocò  la morte di Sciacchitano.

Lo uccisero in via della Conciliazione. Poco prima delle sette di sera, davanti a un’agenzia di scommesse. In azione entrò un gruppo di fuoco impressionante. Sciacchitano aveva 29 anni. Forse ha pagato la colpa di avere accompagnato Urso, a bordo del suo scooter, quando ferì Cona con un colpo di pistola al piede.

Urso aveva deciso di punire Cona. Credeva di potere fare pesare il suo cognome e le sue parentele mafiose. nche Cona, però, avrebbe goduto di protezioni importanti. Ecco come venne ricostruito il pomeriggio del 3 ottobre 2015 dai carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo del Comando provinciale. Due uomini a bordo di uno scooter Sh 300 di colore bianco arrivarono al civico 4 di via dell’Allodola. Avevano il volto coperto dai caschi integrali. Uno dei due fece fuoco contro Cona, titolare della rosticceria “al Bocconcino”. I carabinieri lo interrogarono all’ospedale Civico. Cona raccontò che gli avevano sparato perché si era rifiutato di consegnare i soldi ai rapinatori che non aveva riconosciuto.

Secondo i pm Sergio Demontis, Francesca Mazzocco e Gaspare Spedale, a fare fuoco contro Cona sarebbe stato Urso. Si parlò di contrasti nel mondo della spaccio. Alle 19.40 dello stesso giorno scattò la ritorsione. Tre uomini incappucciati giunsero a bordo di una Panda di colore rosso in via della Conciliazione, all’angolo con via della Concordia. Sciacchitano tentò di scappare assieme ad un amico diciassettenne. La fuga durò poche centinaia di metri. Mirko fu raggiunto da una pioggia di fuoco. Per l’omicidio Sciacchitano sono finiti sotto accusa Salvatore Profeta e Natale Gambino, presunti ideatori e i mandanti del delitto. Gli esecutori materiali sarebbero Francesco e Gabriele Pedalino, Domenico Ilardi e Antonino Profeta (figlio di Salvatore).

Nel processo per il ferimento di Cona il giudice per le indagini preliminari Gigi Omar Modica ha ritenuto di non contestare l’aggravante mafiosa a Urso. Si sarebbe trattato di un alterco regolato a pistolettate, ma Cosa nostra non c’entra. Lo scorso 15 febbraio il gip, su istanza dei legali della difesa, gli avvocati Giovanni Castronovo e Ornella Butera ha concesso i domiciliari a Urso perché è trascorso molto tempo dal fatto per cui è stato condannato e l’imputato ha rispettato le regole carcerarie. Troppo poco, secondo i pm, per fare affievolire le esigenze cautelari. Non si può non tenero conto, sostengono i pm nel ricorso, della violenza dell’episodio, della pericolosità di Urso che non esitò ad armarsi, della caratura criminale dei personaggi coinvolti nelle fasi successive al ferimento di Cona che culminò nell’omicidio di Sciacchitano.

 


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