CATANIA – La Corte d’appello di Catania ha riaperto l’istruttoria del processo per l’omicidio di Simona Floridia, la 17enne sparita nel nulla il 16 settembre 1992. Per l’assassinio è stato condannato a 21 anni a piede libero, in primo grado, Andrea Bellia, oggi 49enne, coetaneo della ragazza.
Gli elementi “nuovi” provengono da una fonte non esattamente tradizionale. Ad aver “interrogato” il teste chiave del processo, a mettere in evidenza presunte falle nel suo racconto, non sono i carabinieri o un investigatore, ma Le Iene.
La prossima udienza
E il prossimo 24 marzo Matteo Viviani e Carlotta Bizzarri, giornalisti della trasmissione di Mediaset, saranno chiamati a deporre in aula, a Catania. Sul contenuto del loro servizio su Simona. In aula un perito ha affermato che il servizio andato in onda conteneva tagli e montaggi; cosa peraltro normalissima se del materiale deve andare in onda.
Per questo i giudici vogliono interrogare i giornalisti che quei servizi hanno firmato e confezionato. Accadrà come detto tra meno di due mesi. Dall’intervista del testimone chiave dell’accusa e della moglie emergono tante ipotetiche incongruenze. È stato il Pg a chiedere l’audizione dei testimoni, richiesta a cui non si sono opposti né la parte civile né la difesa dell’imputato (difesa che aveva prodotto il servizio in aula).
Il servizio
Il servizio è stato visto in aula. Fa riflettere su ciò che disse all’epoca il testimone dell’accusa, che intercettato al telefono con la sua fidanzata, riferendosi a Bellia, si espresse così: “Mi vulia dire ssu fattu ca l’avia ammazzata iddu… dda gran minchiata”.
La frase, “ssu fattu ca l’avia ammazzata iddu”, è proprio l’elemento che ha incriminato Bellia, trent’anni dopo. I giudici di primo grado hanno accolto la tesi dell’accusa. Quella secondo cui Bellia, all’epoca 17enne, avrebbe agito perché lei lo minacciava di raccontare a tutti una tresca di lui con la fidanzata di un amico.
La presunta confessione
Il testimone ha raccontato, in pratica, che Bellia gli avrebbe confessato l’omicidio. Ma nell’intercettazione definisce quel racconto, parlando con la sua ragazza, “dda gran minchiata”, quasi a voler sminuire un’affermazione così grave.
In aula sono stati inoltre acquisiti i diari di Simona, quelli in cui la ragazza scriveva: “Alcune volte ho pensato di farla finita”. Una frase forte, certo, ma va tenuto conto del fatto che è stata scritta da un’adolescente.
Il possibile movente
Il movente è frutto di una ricostruzione investigativa, che l’imputato, processato e condannato in primo grado a piede libero, ha sempre respinto. Il testimone ha anche riferito di esser stato portato da Bellia nel luogo dove avrebbe ucciso Simona, sulla cima che sovrasta Caltagirone, il cosiddetto monte San Giorgio.
Una troupe è andata sulla presunta scena del delitto per verificare se fosse possibile arrivarci con una vespa come quella di Bellia. E sono giunti alle stesse conclusioni della difesa: per ripidità e per le condizioni della strada, semplicemente, non sarebbe stato possibile arrivare in vetta.