Ero al bar l’altro giorno. Sarà stato che c’era molta gente, ma mi sono messo ad osservare gli addetti al banco. Quello che faceva il caffè, quell’altro che prendeva le ordinazioni, quell’altro ancora che dirigeva le priorità delle richieste. Eleganti nelle loro divise, gentili, professionali, sorridenti. Uno scenario in tutto sovrapponibile avevo osservato qualche giorno prima quando mi trovavo da un gommista. I vari addetti, anche loro con le divise, che si muovevano con scioltezza e disinvoltura tra gomme, cerchioni, macchinari computerizzati, chiavi di vario tipo. Anche loro, sorridenti.
Mi sembravano tutti, quelli del bar e del gommista, innamorati del loro lavoro. E’ una sensazione che ho provato varie volte e potrei farvi tanti tantissimi esempi., dal tecnico che chiami quando ti va in tilt la caldaia o la pompa di calore, al meccanico, l’elettrauto e via di seguito. Spesso ho riflettuto sul fatto che, con ogni probabilità, nessuno di loro ha il “pezzo di carta”, la laurea, intendo. Forse neppure il diploma di scuola superiore. Magari se gli chiedi a bruciapelo del “Concilio di Trento” ti guardano sbalorditi. E chissà, in una conversazione ti sbagliano pure il congiuntivo.
Eppure sono lì a rendere un servizio notevole, direi fondamentale, per tutti noi. Sia chiaro, non intendo mettere in discussione il valore della laurea. E’ solo che negli ultimi tempi ho avuto la sensazione che la laurea sia stata trasformata in una sorta di “must”. Forse, addirittura in una ossessione. Penso ai commendi acidi, corrosivi, talvolta spietati, per la povera Valeria Fedeli, priva di laurea, forse del diploma di scuola superiore, eppure posizionata al Ministero della Istruzione. E a quelli, di analogo tenore, per Luigi Di Maio.
La laurea, il pezzo di carta intesi come una sorta di pre-condizione per valutare lo spessore di una persona, a prescindere dal suo valore o dalla sua oggettiva inadeguatezza.
Ma forse, i must, come le ossessioni, hanno un loro ciclo. Nascono, si alimentano, si sviluppano, raggiungono il loro apice e poi vanno lentamente tramontando. Ci sono segnali rassicuranti per uno come me, che considera (da sempre) la laurea come una tra le tante opzioni che una persona può scegliere per avere un suo ruolo nella società, e che non è mai stato convinto dell’automatismo Laurea/Cultura ( a proposito, ma il Concilio di Trento cos’è?, cosa è stato?)
Prendete per esempio Nicola Zingaretti. Non è laureato, eppure è chiamato a risollevare le sorti della sinistra in Italia. Non so se mi spiego, le sorti della sinistra. Della sinistra italiana che della cultura (quella con la C maiuscola) ha sempre fatto il suo incondizionato (ed esclusivo) blasone. In un prossimo futuro potrebbe essere addirittura il capo del governo. Sissignore, proprio così, capo del governo, e senza una laurea. E magari con qualche problema, anche lui, con i congiuntivi.