01 Aprile 2016, 09:55
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Recentissime indagini eseguite con la Pet-Tomografia a emissioni di positroni (tecnica medico-nucleare che fornisce immagini della distribuzione di radio-isotopi nel corpo umano) hanno dimostrato che la struttura cerebrale di criminali, a livello della corteccia pre-frontale, è alterata rispetto agli individui normali.
Adrian Raine, docente nell’università di Pennsylvania, sostiene che il soggetto che delinque o commette crimini violenti presenta anomalie nello sviluppo del cervello: non solo nella corteccia pre-frontale, ma riscontrati anche in altri segmenti cerebrali come il sistema limbico, l’ippocampo e la corteccia cingolata e striata.
Per di più la genetica – secondo ricerche condotte nella Duke University – evidenzia che alterazioni del gene MaoA, il quale regola i livello dei neurotrasmettitori, influenzano la pulsione a commettere azioni criminose. Secondo queste impostazioni le tendenze criminogene sono innate e forse si trasmettono di padre in figlio.
Medicina circolare. Queste indagini sembrano rivalutare le concezioni dello scienziato italiano del 19° secolo Cesare Lombroso e quelle ancora più remote di Giambattista Della Porta.
Lombroso – professore ordinario di medicina legale e quindi di psichiatria – esercitò a lungo il suo magistero nell’università di Torino, acquisendo fama internazionale e fu fondatore dell’antropologia criminale. Discipline convergenti sullo studio psicofisico dell’uomo sano e anormale.
Muovendo da una concezione materialistica dell’uomo, il professore Lombroso cercò di spiegare con le anomalie fisiche la degenerazione morale del delinquente, secondo i limiti e la portata della scienza di quel tempo. Da questi presupposti derivò la nuova scienza dell’antropologia criminale, che connetteva stigmate somatiche e deformità mentali e comportamentali: il delinquente nato.
Le teorie di Lombroso si collegano a quelle del medico-mago del 16° secolo Giambattista Della Porta, ingegno versatile e stravagante, il quale scrisse un’opera in 4 volumi sulla fisionomia umana. Trattato che il sommo Kant valutava come pietra miliare nella storia dell’antropologia.
Della Porta – con icastiche ed efficaci figure – sosteneva che le passioni dell’anima contribuiscono a determinare le forme del viso e del corpo. Un precursore della medicina psicosomatica e della psicologia.
Si leggono nella sua opera magna vividi paragoni: testa asinina significa stoltezza e pigrizia; testa come il becco, barbarie e crudeltà; naso corto segno di carattere instabile e servile.
Anche oggi i lettori potrebbero organizzare un gioco di società, arguto e forse veritiero, paragonando i tratti somatici di una persona a quelli di un animale, deducendone carattere e comportamenti. Intrattenimento antropologico che però forse è meglio evitare, per impedire acquisizioni indelicate, sorprendenti o incaute.
Dopo Lombroso germinarono numerosissimi specialisti in fisiognomica, antropometria, frenologia e craniometria. Discipline via via abbandonate perché si potevano dedurre e ravvisare evoluzioni in teorie razziste.
Poiché le concezioni traibili dalle citate indagini genetiche e medico-nucleari (natura criminogena ed ereditaria contenute nel Dna della persona) sono “politically incorrect”, politicamente scorrette, un vero e proprio incubo nazi-fascista che inquieta, gli stessi sperimentatori hanno edulcorato le risultanze, comunicando che anche situazioni socio-economiche, ambiente, stress, carestie contribuiscono al 50 per cento ad avviare l’individuo verso la strada della criminalità
Taluni, con critica permeata di ironia, definiscono questa posizione “ecumenismo scientifico”. Ad essi si contrappongono altri genetisti per i quali l’esperienza, gli eventi, la casualità o le amicizie modificano la plastica stessa del genoma, influenzando le nostre decisioni, a causa delle quali diventeremo scrittori, musicisti, medici o architetti.
I dati delle sperimentazioni fanno baluginare un orizzonte dimentico del libero arbitrio, nel tempo di prorompente avanzamento delle neuroscienze per immagini, che indica l’esistenza di “criminali nati”.
Sembra delinearsi una rivisitazione dell’uomo. Quando un quadrupede scimmiesco si alzò da terra, scheggiò una selce per trasformarla in attrezzo domestico e riuscì a guardare se stesso con la mente, fin da allora in taluni individui della specie era connaturale una cattiveria inemendabile.
In attesa di risposte definitive può essere utile rileggere il saggio “L’uomo delinquente nato atavico?” del demonizzato Cesare Lombroso. Per lui, come per Della Porta, si insinuano a giustificarli le parole di Joyce nell’Ulisse: “Un genio non sbaglia. I suoi errori sono l’anticamera delle scoperte”.
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01 Aprile 2016, 09:55