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Se i conti sono a posto | perchè non azzerare la Tasi?

Riceviamo e pubblichiamo l'intervento del responsabile delle Politiche cittadine del Pd, Pippo Russo, sulle tasse a Palermo.


Palermo - L'intervento
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Riceviamo e pubblichiamo l’intervento del responsabile delle Politiche cittadine del Pd, Pippo Russo, sulle tasse a Palermo.

Tra il 16 settembre e il 31 dicembre di quest’anno i palermitani saranno vittime di un vero e proprio ingorgo fiscale. Per intenderci, ferme restando le pesanti addizionali Irpef regionali e comunali, dovremo versare, tra acconti e saldi, consistenti somme di denaro per la Tari (rifiuti), che sostituisce la vecchia Tares, per la Tasi (a copertura dei cosiddetti servizi indivisibili, il verde, la manutenzione stradale, l’illuminazione pubblica, l’anagrafe, la sicurezza, ecc.) e, sugli immobili diversi dalle abitazioni principali, per l’Imu.

Non entro nel dettaglio, ci sono in proposito ampi resoconti giornalistici, piuttosto desidero mettere l’accento su un fatto incontrovertibile da cui trarre alcune domande da rivolgere agli amministratori e ai consiglieri comunali di Palazzo delle Aquile: a Palermo si pagano troppe tasse, forse più del dovuto se pensiamo agli 11 milioni di euro per la Tares 2013 che, a sentire il vecchio collegio dei revisori, non avremmo dovuto sborsare.

La pressione fiscale, tutta sulle spalle ormai del ceto medio da cui nascono le nuove forme di povertà, non va misurata in termini assoluti, ma in rapporto alla qualità della vita, dei servizi, e alla capacità contributiva dei cittadini, e Palermo è una città in sofferenza in materia di impresa e commercio e con un’altissima disoccupazione. E’ vero, i corposi tagli ai comuni stanno trasformando i sindaci in odiosi esattori, il groviglio di acronimi e sigle (iuc, tares, tari, tasi, ici, imu), probabilmente concepito apposta per confondere il povero contribuente, nasce da leggi nazionali, ma è anche vero che esiste, all’interno delle norme medesime, un certo spazio di manovra concesso ai comuni, per esempio per le esenzioni, riduzioni o agevolazioni.

Non solo, i comuni devono documentare in maniera analitica, nei relativi regolamenti approvati dai consigli comunali, come intendono spendere i soldi a copertura, servizio per servizio, vedi il comma 682 dell’art. 1 della legge n. 147/2013 per la Tari e per la Tasi. In una parola, io amministratore non posso usare il gettito realizzato a mio piacimento, per esempio per coprire debiti, inefficienze, per provvedere alle esigenze del precariato o a voci di bilancio che nulla hanno a che vedere con le finalità delle singole imposte né, poi, posso sostenere che i soldi non mi bastano.

Soffermiamoci, in particolare, sulla Tasi (tariffa sui servizi indivisibili) sulla quale si profila un duro scontro in seno al Consiglio comunale. Il 16 ottobre, termine di scadenza, dovremo pagare l’acconto di tale tariffa, sempre che Sala delle Lapidi approvi entro il 10 settembre il tariffario, sennò si verserà tutto a saldo il 16 dicembre con l’aliquota minima all’1 per mille (in atto l’aliquota è stata fissata, una tra le più alte d’Italia, al 2,9 per mille). Bene, il comma 676 dell’art.1 della legge n. 147/2013, sopra già citata, stabilisce che il consiglio comunale può ridurre, fino all’azzeramento, l’aliquota relativa alla Tasi a patto, ovviamente, che ciò non comporti uno squilibrio finanziario.

In buona sostanza, l’azzeramento se lo possono permettere i comuni virtuosi con i conti a posto, come in realtà sta succedendo. Ecco, i conti a posto, un’espressione che abbiamo sentito pronunciare parecchie volte, in pubbliche dichiarazioni, dal sindaco e dall’assessore al bilancio.

Se i conti sono a posto, si vocifera addirittura con la realizzazione di avanzi, e non abbiamo alcun motivo per dubitare delle affermazioni di chi ci governa, perché non utilizzare l’opportunità offerta dalla legge di azzerare la Tasi? In via subordinata, se i conti sono a posto perché non limitarsi all’aliquota base dell’1 per mille?

C’è contraddizione tra l’avere i conti a posto e, al contempo, imporre nuovi prelievi fiscali pure quando si possono evitare. Mi pare che siano domande legittime cui occorre dare una risposta convincente e dettagliata, darla ai palermitani, da parte delle nostre istituzioni cittadine.

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