Se il calcio diventa 'virtuale' - Live Sicilia

Se il calcio diventa ‘virtuale’

La vuvuzuela
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3 min di lettura

È cominciato il campionato di calcio e così le nostre domeniche, o forse interi week end, saranno meno noiose. Quest’anno grandi novità: telecamere negli spogliatoi, anticipi, posticipi, monday night, spider cam… insomma il calcio si può vedere da tutte le angolazioni. Perfino allo stadio, anche se per vedere le partite dal vivo bisogna possedere una carta di credito, ovviamente emessa dalle banche legate alle varie società di calcio, essere schedato presso la banca dati del Ministero degli Interni e rilasciare i propri dati sensibili, senza tutela sulla privacy, all’autorità di pubblica sicurezza. Solo dopo si potrà entrare in una struttura di proprietà pubblica per vedere semplicemente una partita di calcio. Questo vale per tutti gli abbonati, perfino per i bambini accompagnati dai genitori.

Trattasi di una stranezza tutta italiana, in nome di un’ideologica adesione al mito della sicurezza negli stadi, chiamata impropriamente “tessera del tifoso”. Basterebbe applicare all’interno degli stadi le stesse leggi che si applicano, durante la settimana, in tutte le città italiane evitando di trasformare lo spazio ludico, costruito attorno a ventidue atleti in mutande che inseguono un pallone, in un territorio extra legem. Hanno fatto così in tanti Paesi e la violenza negli stadi è finita.

Si potrebbe applicare, in territorio nazionale, quello che avviene da anni per le partite di calcio internazionale in una cooperazione tra le forze di polizia che conoscono bene, in tutte le città, i trecento frustrati vestiti da tifosi che vanno allo stadio solo per dare sfogo pubblico alla propria imbecillità. La partita di calcio senza il tifo è come un dramma teatrale senza il pubblico, come il circo senza i bambini che urlano… è nella connessione sentimentale tra i calciatori e il pubblico che si costruisce la magia del gioco del calcio.

In questa prima giornata di campionato lo sciopero delle tifoserie organizzate contro la tessera voluta dal ministro Maroni è stato un segnale triste che ha impoverito lo spettacolo, ulteriormente immiserito dalla vergognosa violenza degli ultras dell’Atalanta che, in nome di una giusta causa ma in una forma abominevole, hanno dato forza a chi, in questi anni, ha costruito l’equazione tra tifo e violenza.

Sembra ormai inesorabile la deriva: fino a dieci anni fa sarebbe stato impossibile istituire la tessera del tifoso semplicemente perché gli abbonamenti erano la voce di bilancio più cospicua per una società di calcio e nessuno avrebbe rischiato di perdere adesioni in nome di una macchinazione propagandistica attuata dal Ministro degli Interni. Oggi, invece, il calcio italiano vive grazie ai diritti televisivi e pertanto non succede niente se i tifosi scelgono di non sostenere la propria squadra… perché il virtuale è più importante del reale.

Volete un esempio? In questa prima giornata del massimo campionato di calcio qual è la notizia su cui si sono concentrate maggiormente le trasmissioni sportive? I meravigliosi gol di Pato o D’Agostino? La sconfitta della Juventus o il pareggio casalingo della Roma? Il gol fantasma di Cavani? La grande parata di Agazzi sul tiro di Balzaretti? Nulla di tutto ciò… si è parlato soprattutto di un calciatore che non ha giocato e che ha visto la partita della sua nuova squadra in tribuna accanto al Presidente del Consiglio.

E meno male che non c’era il Ministro degli Interni a San Siro altrimenti allo zingaro Ibrahimovic avrebbe subito preso le impronte digitali e predisposto il foglio di via…


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