"Se il caso Bari ci obbliga a rileggere quanto accaduto nei comuni etnei"

“Se il caso Bari ci obbliga a rileggere quanto accaduto nei comuni etnei”

Giovanni Barbagallo, già sindaco di Trecastagni e deputato Ars
L'INTERVENTO
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CATANIA – Riceviamo e pubblichiamo dall’ex deputato Ars e sindaco di Trecastagni, Giovanni Barbagallo:

Le vicende del comune di Bari stanno dividendo i rappresentanti politici del centro sinistra da quelli di centro destra, ma la legge che disciplina lo scioglimento dei consigli comunali, per presunte infiltrazioni mafiose, è diventata, per tutti, modificabile. Così com’è l’art. 143 del D.L. 267/2000 distrugge la credibilità di persone per bene. Con la legge attuale gli amministratori onesti non vengono salvaguardati.

La Corte Costituzionale (sent. n. 103/1993) ha ritenuto che la predetta normativa avesse carattere sia sanzionatorio che preventivo. Tale pronunciamento, se fosse stato applicato, avrebbe avuto una notevole ricaduta sul piano operativo in quanto il carattere sanzionatorio non avrebbe consentito di coinvolgere nello scioglimento gli amministratori estranei alle infiltrazioni mafiose.

La successiva giurisprudenza amministrativa si è, invece, arroccata sulla natura esclusivamente preventiva. Questa scelta impedisce di prevedere le motivazioni penalistiche sull’accertamento delle responsabilità individuali, pur essendo l’incandidabilità un provvedimento ad personam chiaramente sanzionatorio.

Lo stesso scioglimento di tutto il consiglio comunale è penalizzante per l’intera comunità.
Il vero tema è questo: i giudici amministrativi conferiscono particolare rilievo a una serie di elementi indiziari parziali che non tengono conto delle reali iniziative di contrasto ai potenziali condizionamenti criminali.

Il già citato art. 143 del TUEL consente di operare senza alcun contraddittorio e non prevede l’onere della prova. Si pongono problemi di civiltà giuridica che non si può più continuare ad eludere!


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