PALERMO – La necessità di una semplificazione amministrativa per superare gli scogli a volte insormontabili e dannosi della burocrazia. Oggi a Palazzo Mazzarino, nel convegno dedicato a “La semplificazione amministrativa nella Regione Siciliana” si è discusso di alcuni di questi temi. Il dibattito moderato da Alessando Galimberti, giornalista del Sole 24 ore e presidente dell’ordine dei giornalisti della Lombardia, ha esaminato le questioni della realtà amministrativa italiana e regionale indicando alcune soluzioni e guardando a modelli internazionali.
Ma a volere sintetizzare la contraddizione di una semplificazione che alcune volte diventa rovinosa occorre usare le parole di Pino Zingale, presidente della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti del Trentino Alto Adige. “La semplificazione amministrativa è un tema molto complesso e – ha detto il magistrato – non si può guardare agli altri paesi. Un sistema normativo si deve basare sul codice genetico del popolo che lo deve utilizzare. La semplificazione della legge Bassanini distrusse integralmente il sistema di controllo della pubblica amministrazione. Mi ricordo che venivano i dirigenti generali della Regione Siciliana a piangere per l’eliminazione del sistema di controllo che garantiva a loro una garanzia di correttezza e legalità. Allora pensai che questo avrebbe portato allo sfascio della Pa e così è stato. E non ritengo un caso che oggi si parli di reintrodurre alcune di quelle forme di controllo”.
Le posizioni però sono molteplici. C’è, anzitutto, chi, come il presidente dell’ordine degli avvocati Francesco Greco, ha evidenziato come il peso della burocrazia costa alle imprese tanto quanto l’Ires (l’imposta sul reddito delle società) e arrivi a raddoppiare il peso dello Stato sull’iniziativa privata. Riprendendo questo tema, il consigliere della sezione controllo per gli enti locali della Corte dei Conti di Palermo Francesco Cancilla ha impostato il suo intervento sul problema economico. “Non abbiamo ancora chiaro – ha detto – il fatto che le leggi e la Pa hanno un costo che grava sul cittadino che deve rispettare le regole. Un costo che si giustifica perché anche il caos, la mancanza di regole nello svolgimento delle attività economiche, ha un costo. La regola allora ha un senso se il suo costo è inferiore a quello del caos. I costi – sottolinea il magistrato – influenzano la scelta degli imprenditori. Quando si fa una legge ci si chiede se quella legge aiuta lo sviluppo economico o lo blocca?”
Dagli interventi dei relatori è spesso emersa la necessità che gli apparati pubblici snelliscano la produzione di regole per ogni attività umana, favorendo invece la libertà dei privati: ridurre le leggi e i poteri delle amministrazioni pubbliche. “Il legislatore ha eliminato lo spazio per l’espressione del genio e della fantasia che sono ciò che ha fatto grande l’Italia – ha detto nel suo intervento il consigliere del Cga Carlo Modica de Moach – Occorre che le leggi dicano cosa la pubblica amministrazione non può fare. Bisogna creare crescenti spazi di libertà per i privati”.
Il presidente del Tar Sicilia Nicola Ferlisi, ha posto in discussione altri due temi: la complessità dei processi di semplificazione amministrativa che si trasformano in processi di complicazione e la rilevanza strategica della trasparenza per ogni tipo semplificazione. Il presidente del tribunale amministrativo di primo grado di Palermo ha inoltre evidenziato come il potere della burocrazia cresca quando la politica non fa la propria parte e rivolgendosi a Gianfranco Miccichè, presente al convegno, ha detto: “La regione Siciliana non ha ancora approvato la legge regionale per regolamentare l’adozione dei piani paesaggistici prevista dal codice dei beni culturali. In Sicilia, la mancanza di questa legge ha determinato che le soprintendenze si sono dovute variamente regolare”.
Poco prima il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana aveva parlato di beni culturali dicendo: “Proporrò un disegno di legge per lo sdoppiamento delle Sovrintendenze: una di tutela che si occuperà della gestione dei beni architettonici, l’altra, di progetto, per la parte progettuale delle opere. Con un unico obiettivo: accelerare le opere pubbliche e semplificare la macchina della burocrazia regionale. Il 3% del Pil della nostra provincia – ha poi proseguito Miccichè – è fermo nella Soprintendenza. Delle 18mila richieste da esitare, mediamente 15mila autorizzazioni saranno approvate per silenzio assenso. Poi bisognerà perdere altri 60 giorni per avere certezza del significato di quel silenzio. La riforma delle soprintendenze serve per consentire lo sviluppo del territorio”.
Le buone pratiche legislative e amministrative che la Regione siciliana aveva nel tempo posto in essere sono state ricordate da Francesco Miceli, presidente dell’Ordine degli Architetti, che ha invitato “Ritorniamo ad usare l’Autonomia Siciliana” e da Riccardo Ursi, docente dell’Università di Palermo. “La madre di tutti i problemi siciliani – ha detto il professore – è da ritrovare nella scelta di adeguare alla normativa nazionale, la Pa siciliana aderendo alla logica della privatizzazione e imponendo un vestito troppo stretto a un’organizzazione troppo grossa. Sarebbe stato meglio se la Regione avesse protetto l’organizzazione che avevano immaginato i suoi dirigenti nel 1971. Oggi però, quelle condizioni felici sono irripetibili. – ha concluso il docente – Anzitutto perché da 25 anni non c’è un concorso per dirigente. Poi perché solo 120 su 1500 di essi hanno professionalità giuridiche economiche. Infine per via del fatto che l’85% dei dipendenti regionali ha un età media compresa fra i 57 e 62 anni ed è cioè in una fase della vita in cui non si è inclini al cambiamento”.
Tra gli accademici intervenuti, ha portato il suo contributo anche il docente dell’Università di Catania Antonio Barone che ha ammonito: non esiste autonomia se il 30% degli enti locali è in dissesto o in pre-dissesto ed incapace di assumere nuove energie. È intervenuto poi il consigliere del Tar Sicilia Giuseppe La Greca. Il giudice ha affrontato le questioni legate alla complessità del significato delle disposizioni normative. Infine ha presenziato al dibattito l’avvocato amministrativista Giovanni Immordino. Questi ha evidenziato come sia intollerabile che possa esserci un dubbio rispetto all’applicazione delle regole come ad esempio nel caso del silenzio assenso. Insomma, la burocrazia, a volte, è una palla al piede. E la semplificazione non è un concetto astratto, ma lo strumento per rendere più semplice la vita di chi investe, di chi lavora, ma anche la vita di tutti i giorni.