Il gioco bello e possibile | dei piccoli teatri di Sicilia - Live Sicilia

Il gioco bello e possibile | dei piccoli teatri di Sicilia

L'incontro per parlare, per discutere e costruire un futuro diverso.

coinvolte quindici città
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Mettiamo il caso che in una mattina di maggio un gruppo di sedici persone si riunisca per parlare di Teatro. Mettiamo anche il caso che le stesse sedici persone siano i direttori artistici di sedici teatri siciliani, sparsi in ogni angolo dell’Isola da Caltanissetta a Marsala, da Noto a Caltagirone, da Paceco ad Avola, fino al piccolo ma immenso “Donnafugata” di Ragusa Ibla. E ultimo, ma non per ultimo, mettiamo il caso che questi sedici direttori artistici riescano, nell’arco di una lunga conversazione, a parlare, immaginare, entusiasmarsi e sperare.

Un sogno? Una visione utopica? Una speranza irrealizzabile? No. E poiché c’ero anch’io la settimana scorsa al gran raduno di Enna per parlare e sognare con tutti gli altri direttori artistici credo che il tema non possa e non debba essere abbandonato. Non solo per il bene di chi, non senza fatica, ha dedicato la propria vita alla cultura del palcoscenico. Ma anche per il bene di tutta quella Sicilia che cerca nuovi spazi e nuove formule per valorizzare la propria storia, il proprio territorio, la propria bellezza.

Certo, le obiezioni non mancano. La rete – è stato detto – rischia di infliggere a ciascun teatro, da quello di Sambuca a quello di Petralia, la perdita della propria identità e di spezzare il legame costruito con suo pubblico. Certo, un progetto così ricco e ambizioso potrebbe anche creare diffidenze e incomprensioni. Ma la rete di cui si è tanto parlato a Enna muove dall’esigenza di creare un circuito di scambio e di sostegno, un gigantesco e ricco cartellone da mettere a disposizione di tutte le platee, anche delle più piccole, anche delle più lontane e sperdute. Senza complessi di inferiorità e senza sudditanze. Perché uniti si diventa più forti contro le contrarietà. E perché uniti ci si può anche confrontare con i grandi. E competere, se il caso. Competere con il Biondo di Palermo o con lo Stabile di Catania, perché no?

L’incontro di Enna, comunque, ha segnato un momento di eccezionale vitalità. Ogni operatore, com’è ovvio, ha portato i segni belli e brutti della propria esperienza, ma tutti, indistintamente tutti hanno portato il fuoco vivo del proprio entusiasmo e hanno gridato a gran voce che il teatro esiste, è vivo e merita tanto; merita di più. Inutile dire, tuttavia, che non basta una riunione per scalare la montagna delle difficoltà o per scavalcare quel muro che puntualmente, inesorabilmente, si frappone tra il sogno è la realtà, tra le ragioni culturali dei direttori artistici e le ragioni burocratiche delle istituzioni che dovrebbero in ogni caso sostenerci, quantomeno senza ostilità.

A Enna ogni buona proposta è stata accompagnata da una buona dose di speranza. Il maestro Moni Ovadia, presente all’incontro, ha mostrato tutto il candore del suo ottimismo e, riferendosi alle istituzioni ha detto che “se non li avremo per la bontà delle nostre idee li avremo per la vanità della nostra ambizione”. E come dargli torto? La bellezza conquista, la vanità affascina e il teatro è al tempo stesso intrigante e vanesio. Chi potrà mai sfuggire al suo fascino? La scommessa è senza dubbio di alto profilo. Ogni teatro dovrebbe proporre uno spettacolo e questo, insieme agli altri, dovrebbe costruire un intero cartellone teatrale. Creeremmo, con la rete, il primo teatro stabile diffuso. Uniremmo al piacere dello spettacolo anche la curiosità di scoprire luoghi nuovi, teatri diversi, mondi che, probabilmente, all’interno dello stesso perimetro siciliano, a molti sono ancora sconosciuti. Il teatro assurgerebbe quindi al ruolo che gli spetta: polo di culture svariate, centro nevralgico di idee, attrazione per un turismo colto, innovativo, intelligente.

Per la Sicilia, che è già tempestata dalla propria bellezza, sarebbe un salto irrinunciabile nel mondo fatato della magia e della fantasia.

 

 

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