Se l'antimafia si fa califfato - Live Sicilia

Se l’antimafia si fa califfato

Basta una riflessione su Di Matteo e si apre un dibattito. Tra chi è d'accordo e argomenta, tra chi non è d'accordo e argomenta. Poi ci sono quelli che tagliano la testa ai pensieri dissonanti.

Credo nel dialogo con i lettori, anche aspro e – credendoci davvero – sono pronto a subire le onde di ritorno. Non avendo avuto un bue e un asinello come padrini di battesimo, so di potere sbagliare, in buonafede. L’importante, per un cronista, è giocarsela a viso aperto, non distillando articoli da una cattedra che non esiste, ma mettendo pensieri in comune con chi legge e vuole dire la sua. Di solito, funziona. Eppure, da quando scrivo di temi sensibili e antimafiosi, mi sono imbattuto in un tipo di lettore differente dagli altri: il califfo dell’antimafia. Diverso perché coriaceo, perché il possessore di quel turbante parte e arriva su un unico binario d’intransigenza che si basa su quello che ha voluto leggere lui, mai su quello che hai scritto tu.

Ragionando su Nino Di Matteo e sulla decisione del Csm di escluderlo dall’approdo alla Procura Nazionale Antimafia, ho incontrato tre tipi di interlocutori. Quello che era d’accordo e argomentava. Quello che non era d’accordo e argomentava. Infine, il califfo antimafioso, perduto nella sua retorica, con un unico obiettivo: tagliare la testa alle opinioni in sospetto di eresia.

Scrivi che Di Matteo è un giudice onesto? Il califfo subito obietta: è un modo subdolo per screditarlo. Avanzi qualche timida riflessione sulla ‘Trattativa’? Il califfo di botto si impunta: vuoi demolire il processo. Tenti di suggerire un concetto palmare: il Csm non è esattamente una cosca di corleonesi in assetto di guerra e ha deliberato a larghissima maggioranza, dando uno schiaffo, indirettamente, all’antimafia delle certezze. A quel punto il califfo brandisce la scimitarra: sacrilegio. Sei un giornalista che serve i poteri oscuri, che vuole fare carriera all’ombra di tutte le ombre, sei come gli scellerati che attaccavano Falcone e Borsellino. E quando ti permetti di esprimere un giudizio positivo su Napolitano, apriti cielo: dal cuore del califfato spunta lo spettro di Pertini, arruolato perfino lui, pur di trovare il nome giusto da opporre a un siffatto scempio.

E va bene. Ognuno gioca sul suo campo e con il suo stile. Ma noi continueremo a lanciare idee difformi, se le riterremo valide, nonostante le pesantissime e a volte opache onde di ritorno. Perché questo è il compito di chi crede che ci siano più lettori che califfi.


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