Sempre più baby spacciatori |Parla la psicoterapeuta - Live Sicilia

Sempre più baby spacciatori |Parla la psicoterapeuta

"Spacciare, si inserisce all’interno di alcuni di quei comportamenti trasgressivi tipici anche dell’adolescenza. - spiega la psicologa Sonia Mazzeppi - Ma quello che è importante evidenziare sono i motivi soggettivi addotti a giustificazione di sostanze".

CATANIA – Crimine minorile in aumento a Catania. L’allarme proviene dalla relazione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte d’Appello di Catania che parlando di giustizia penale minorite ha scattato una foto del fenomeno. La magistratura ha portato all’attenzione delle istituzioni l’urgenza di un ulteriore sforzo per supportare soprattutto i minori a rischio. Da qualche mese la Procura, la Procura dei Minorenni e la Polizia Postale di Catania hanno sottoscritto un protocollo d’intesa con l’ordine degli psicologi che possano supportare poliziotti e i pm nelle inchieste che coinvolgono minori sia come vittime ma anche come indagati. La referente del progetto è la psicologa-psicoterapeuta Sonia Mazzeppi, a cui abbiamo chiesto un commento ai dati allarmanti emersi dalla relazione dell’anno giudiziario.

“La “trasgressività” è una caratteristica dell’adolescenza: – spiega la psicologa –  ma bisognerebbe chiedersi se rappresenta l’espressione di un desiderio di crescita e autonomia o un segnale di disagio. Comprendere non vuol dire giustificare: la giustificazione genera deresponsabilizzazione perché spesso invoca fattori esterni all’individuo. La comprensione dei significati affettivi cerca le ragioni soggettive, responsabilizza e aiuta a trovare risposte adeguate.  Per crescere un ragazzo deve mettere in discussione le regole interiorizzate nell’infanzia, che però assumono forme diverse. Le regole solo in parte possono essere trasmesse con l’insegnamento esplicito verbale. Col passaggio alla vita adulta si acquista consapevolezza del valore intrinseco delle regole, che diviene più indipendente dalle regole in sè”.

“Lo stile educativo, caratteristico dei nostri giorni, porta all’evitamento della frustrazione e al prolungamento dell’onnipotenza infantile, ne conseguono adolescenti poco preparati al confronto col mondo esterno. Ne consegue una generazione di giovani fragili, con uno scarso principio di realtà, incapaci di «autoregolarsi» e ripiegati narcisiticamente. All’interno di questo scenario si innescano anche alcuni “comportamenti a rischio” che possono mettere in pericolo, sia nel breve che nel medio e lungo periodo, la salute fisica e il benessere psicosociale degli adolescenti. Possiamo distinguere tra uso di sostanze psicoattive (sigarette, alcolici, spinelli ed altre droghe), condotte devianti (aggressione, furto e vandalismo, bugia e disobbedienza), guida pericolosa ed altre condotte rischiose (sport estremi), comportamento sessuale precoce e non protetto, alimentazione scorretta (anoressico-bulimica, consolatoria), uso di internet e socialnetwork. Al di là della specifica forma con cui si esprimono, questi comportamenti rimandano a problematiche comuni dell’adolescenza e della nostra epoca: non devono essere intese come azioni prive di senso o la conseguenza di cieca imitazione o il frutto di un’insufficiente conoscenza del pericolo, ma rappresentano delle modalità dotate di senso utilizzate da numerosi adolescenti, in uno specifico momento della loro vita e in un particolare contesto, per raggiungere scopi personali e sociali significativi per lo sviluppo individuale”.

Uno dei dati più preoccupanti è il coinvolgimento di minori in gruppi organizzati di spaccio.  “Spacciare, si inserisce all’interno di alcuni di quei comportamenti trasgressivi tipici anche dell’adolescenza. – spiega ancora la psicologa Mazzeppi – Ma quello che è importante evidenziare sono i motivi soggettivi addotti a giustificazione di sostanze: il bisogno di appartenenza, il far fronte a difficoltà emotive, come la scarsa tolleranza del dolore psichico, la cultura dello sballo, l’espressione della creatività (anni ’70), aggressività conseguente ai conflitti familiari. Il piccolo spaccio è spesso un’estensione del consumo e viene inteso come condivisione tra amici: “chi si procura la sostanza acquisisce prestigio”. In alcuni casi lo spaccio si colloca all’interno della cultura giovanile, coniugandosi con il disagio personale e sociale. In altri casi lo spaccio avviene in contesti sociali non disagiati, in cui sono le aspettative dei genitori che portano l’adolescente a cercare percorsi alternativi. Ciò, almeno in apparenza, accade in maniera trasversale alla classe sociale ed al contesto familiare di appartenenza, come se le cause del malessere giovanile emergenti da tali atti rappresentassero un bagaglio comune a tutti gli adulti, nessuno escluso”.

A questo punto la domanda è: come si può intervenire? “Fondamentale è la funzione genitoriale in adolescenza, – spiega ancora – che dovrebbe essere data da una buona integrazione tra il “controllare” ed il “proteggere”. La famiglia qualora si accorga della gravità e della ripetitività del comportamento trasgressivo, deve trovare il coraggio di chiedere aiuto all’esterno anche attraverso figure specialistiche. Lo stesso codice penale minorile, prevede la possibilità dell’inserimento in comunità qualora il contenimento familiare non garantisce un contesto affettivo ed educativo, sufficientemente buono, che funga da fattore protettivo alla messa in atto di comportamenti delinquenziali. Spesso i ragazzi devianti rifiutano la comunità e preferiscono il carcere, poiché questo fornisce un “etichettamento” facile, mentre il lavoro comunitario richiede un faticoso percorso di crescita. Inoltre alcuni vivono la comunità come un ambiente che infantilizza ed il carcere come un luogo che rafforza (gli aspetti devianti e pseudo-adulti del sé). Alcuni preferiscono dipendere dalla norma rigida del carcere, a cui sono costretti ad aderire, piuttosto che dipendere dalle relazioni. Altri preferiscono il carcere per sostenere le competenze educative dei genitori. E’ importante scegliere la comunità più adatta considerandone il modello d’intervento più idoneo per ogni singolo caso”.

La giurisprudenza si muove in una direzione nuova: non solo punitiva.  “La separazione dal contesto evolutivo e l’isolamento si sono dimostrati spesso inutili o controproducenti nei confronti dei minori. Il nuovo codice di procedura penale minorile, – illustra Mazzeppi – infatti, tenta di conciliare la necessità di fornire una risposta all’atto trasgressivo, con l’esigenza di proteggere il percorso evolutivo dell’adolescente dall’impatto con il sistema penale stesso, evitandogli per quanto possibile sradicamenti dalle realtà affettive primarie e dal contesto naturale di socializzazione, e salvaguardandone le esigenze educative e di sviluppo. Rispetto all’intervento psicoterapico con adolescenti affetti da “disturbo del comportamento” risulta particolarmente indicato un intervento psicologico finalizzato all’individuazione del significato simbolico sotteso ai comportamenti trasgressivi. Ideale è l’attuazione di un intervento integrato psicologico ed educativo. In ambito penale minorile – conclude la psicologa – diventa fondamentale la collaborazione di diverse figure professionali: psicologo, assistente sociale, educatore e giudice, che insieme rappresentano la funzione adulta”.


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