Sequestro Rappa | La lettera di Vincenzo Corrado - Live Sicilia

Sequestro Rappa | La lettera di Vincenzo Corrado

Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera di Vincenzo Corrado Rappa in merito alla vicenda che lo vede destinatario del provvedimento della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo.

Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera di Vincenzo Corrado Rappa in merito alla vicenda che lo vede destinatario del provvedimento della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo.

Alla fine di marzo 2014, con sorpresa ho avuto notificato il provvedimento di sequestro di tutte le mie aziende, da parte del Tribunale di Palermo – Sez. misure di Prevenzione, basato su una proposta fatta dalla Dia fondata su due presupposti imprescindibili:

– la qualità di erede di mio nonno

– la mancata capacità reddituale rispetto agli investimenti da me effettuati, avendo dichiarato – secondo la Dia – per alcune annualità, addirittura reddito 0. Già allora, dopo la notifica del provvedimento, avendo letto la proposta mi resi immediatamente conto che riportava dei dati per entrambi i presupposti assolutamente errati:

– non sono mai stato erede di mio nonno, come provato dallo stesso certificato delle successioni emesso dal Tribunale di Palermo;

– ho sempre regolarmente dichiarato al fisco redditi più che congrui (oltre undici milioni di euro al netto delle imposte pagate) nel periodo preso in considerazione dalla Dia che va dal 1996 al 2008. Sempre fiducioso nelle Istituzioni e nella Magistratura, pensando che si trattasse di meri errori, facilmente desumibili dai documenti ufficiali rilasciati dal Tribunale e dall’Anagrafe Tributaria, confidavo in una celere soluzione, in nome della giustizia. Invece così non è stato, anzi il Tribunale, dopo un anno in cui sono stati prodotti fiumi di documenti dalla difesa (tra cui le dichiarazioni dei redditi), cambiando inspiegabilmente il tiro – mentre ero in attesa di una pronuncia da parte della Suprema Corte di Cassazione -, ha ritenuto di sequestrare gli stessi beni e le stesse aziende già sequestrate da un anno, in quanto sarei diventato un intestatario fittizio di mio nonno, così iniziando un nuovo processo e azzerando tutto quello che era stato fatto fino ad ora.

A questo punto mi viene un dubbio direi legittimo: sarei erede, come detto nel primo sequestro (ad oggi mai revocato), oppure intestatario fittizio come detto nel secondo? Delle due una! Ma soprattutto parliamo di aziende di cui, in gran parte, mio nonno non conosceva nemmeno l’esistenza ed addirittura alcune delle stesse costituite dopo la sua morte. Mi domando perché questa “metamorfosi”? Oggi, con grave dolore, apprendo questa mutazione convinto che la giustizia farà comunque il suo corso, perché “chi è contro la verità è contro la legalità”. Ed a proposito di verità, ho riflettuto molto in questo lungo periodo, in cui sono stato privato del mio lavoro (per cui ribadisco ho sacrificato tutta la mia vita: lavoro da oltre 23 anni in modo onesto e libero) e non riesco a dimenticare il boato delle due bombe fatte deflagrare nel 1986 dai “mafiosi” davanti le porte della casa in cui all’epoca abitavo. Non dimentico neanche che ho per anni diretto un telegiornale imprimendo sempre una linea editoriale di contrasto duro alla criminalità mafiosa ed al contempo ho sempre denunciato minacce e danneggiamenti ricevuti alle Autorità competenti alle quali ho fornito piena e concreta collaborazione.

Oggi, invece, mi trovo a subire un procedimento per l’applicazione di misure di prevenzione che vivo come una profonda ingiustizia. Vorrei concludere ricordando che se è vero che mio nonno è stato condannato a quattro anni con sentenza passata in giudicato per concorso esterno per avere fatto, nel 1990, “elargizioni” (pizzo) alla consorteria mafiosa, è altrettanto vero che egli si è piegato alla mafia, solo dopo avere fatto negli anni svariate denunce alle Autorità giudiziaria, rimaste impunite, e dopo aver subito numerosi attentati dinamitardi, in un periodo in cui diversi imprenditori che non pagavano il pizzo sono stati barbaramente uccisi.

So bene che le sentenze non si commentano, vorrei però che fossero ricordati alcuni passaggi della sentenza di condanna di mio nonno; ed in particolare il punto in cui testualmente i Giudici scrivevano: ”si esclude all’evidenza che vi siano state immissioni di denaro proveniente da attività illecite di” Cosa Nostra” nei circuiti leciti del gruppo imprenditoriale Rappa. Va pertanto disposta la revoca della confisca con conseguente dissequestro”.


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