"Sette giorni al pronto soccorso" | Il disastro della sanità - Live Sicilia

“Sette giorni al pronto soccorso” | Il disastro della sanità

Il caso limite di Acireale. (nella foto il ministro Lorenzin)

Acireale
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ACIREALE (CATANIA) – Quello dell’Ospedale di Acireale è senza dubbio un caso limite, con attese fino a 7 giorni per ottenere il ricovero in reparto, ma non si può dire che nel resto dei pronto soccorso italiani le cose vadano molto meglio: sovraffollamento, attese, mancanza di spazi per malati terminali, scarso impiego della terapia del dolore, carenza di informazioni delineano il pessimo ‘stato di salute’ delle strutture, confermato dall’ultimo tragico caso di cronaca relativo al decesso di un uomo malato terminale di tumore dopo un’attesa di oltre 50 ore al Pronto soccorso dell’Ospedale San Camillo a Roma. Caso sul quale il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha oggi annunciato un’indagine ispettiva. Eppure, a sorpresa, oltre un italiano su due si dice comunque soddisfatto dell’assistenza che i pronto soccorso, sia pure al collasso, garantiscono comunque h24. La fotografia è quella scattata dal monitoraggio ‘Lo stato di salute dei Pronto soccorsi italiani’, presentato oggi dal Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva e la Società italiana della medicina di emergenza-urgenza (Simeu). L’indagine – svolta tra il 16 maggio ed il 30 novembre 2015 – analizza la situazione di 93 strutture e dà voce a 2944 tra pazienti e familiari intervistati attraverso un questionario. Tante e gravi le criticità emerse, a partire dalle attese per il ricovero: oltre 2 giorni si registrano nel 38% dei Dipartimenti di emergenza urgenza (Dea) II livello e nel 20% nei Pronto Soccorso (l’attesa è fino a 48 ore nel 40% dei Pronto soccorso). Fino a 4 giorni di attesa si sono registrati al Policlinico Tor Vergata di Roma, mentre esempio di eccellenza è l’Ospedale di Dolo (Venezia) dove l’attesa per il ricovero è di sole 2 ore. Ed ancora: non viene rispettata la privacy di 1 paziente su 3, solo in 6 strutture su 10 si presta attenzione al dolore dei pazienti e gli spazi dedicati al malato in fase terminale esistono in poco più di 1 Pronto soccorso su 10 (13%). Altro problema resta la disomogeneità sul territorio: la situazione appare infatti ”ancora oggi molto diversa fra strutture del Nord, del Centro e del Sud, soprattutto come conseguenza di un’organizzazione dei servizi di emergenza non ancora standardizzata sul territorio nazionale”. Nel 50% dei Pronto soccorso manca addirittura il sapone nei bagni e nel 40% la carta igienica. Tra le richieste dei pazienti, maggiori informazioni, ma anche cibo ed acqua per le lunghe attese ed una maggiore vicinanza dei familiari. Una situazione grave di fronte alla quale, afferma il coordinatore di Cittadinanzattiva Tonino Aceti, ”c’è bisogno di una migliore e più trasparente gestione dei posti letto per evitare affollamenti, sovraccarico del personale e garantire la dignità delle persone. E’ grave infatti che solo il 45% dei Dea abbia conoscenza in tempo reale dei posti letto disponibili nei reparti di tutta la struttura”. Ma a far precipitare la situazione è pure l’ormai ”consolidata carenza di personale”, come denuncia la presidente Simeu Maria Pia Ruggieri: ”I medici nei Pronto soccorso sono circa 12mila, troppo pochi, tanto che la scorsa Estate varie strutture hanno dovuto chiudere”. Da qui le proposte: Tdm e Simeu hanno promosso una Carta dei Diritti al Pronto Soccorso, che definisce in 8 punti i diritti irrinunciabili dei cittadini e operatori sanitari, e sul tavolo c’è pure il Piano per la gestione del sovraffollamento definito dalla Società scientifica, ma adottato ancora da pochi ospedali.(ANSA).

 

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