TRAPANI – “La mia rimozione da sindaco di Salemi è stata una violenza degna della mafia”. Lo ha detto Vittorio Sgarbi nel corso di una conferenza stampa, convocata dopo essere stato sentito come teste nell’ambito del procedimento di prevenzione a carico di Giuseppe Giammarinaro, l’ex deputato regionale a suo tempo assolto dall’accusa di mafia e suo sponsor politico nella corsa alla poltrona di sindaco della cittadina trapanese. “‘Lei è il miglior sindaco d’Italia. Ma le pare che io possa sciogliere il suo Comune?’, mi disse il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, alla presenza del giudice Guglielmo Serio – ha raccontato Sgarbi – poche settimane prima dello scioglimento”.
Per Sgarbi Giammarinaro non è un mafioso. “Tutte le azioni compiute da Giammarinaro a Salemi sono state considerate come pressioni mafiose, mentre gli analoghi comportamenti assunti da Giammarinaro nei Comuni di Alcamo, Partanna e Castelvetrano sono stati interpretati dagli inquirenti come legittime azioni politiche”. Sgarbi non recede di un solo passo rispetto a quello che da tempo sostiene e cioè che “non c’è una sola ragione valida a giustificare il commissariamento per inquinamento mafioso del Comune di Salemi”, dove lui è stato sindaco tra il giugno 2008 e il febbraio 2012. Circostanza, quest’ultima, che fa infuriare ancora oggi il critico d’arte “perché è stato interrotto – ha sostenuto – un percorso, l’unico utile a potere davvero sconfiggere la mafia”.
Oggi è stata una giornata ricca di impegni per il famoso critico d’arte. Dapprima teste in Tribunale a Trapani poi a seguire conferenza stampa. Argomento lo stesso. Le presunte infiltrazioni mafiose del Comune di Salemi, attribuite da magistratura, forze dell’ordine, prefettura e ministero dell’Interno all’ex deputato Dc. In Tribunale l’ex parlamentare è soggetto a procedimento per sequestro di beni, 35 milioni di euro, e per la applicazione (sarebbe la seconda volta) della sorveglianza speciale per i suoi contatti con la organizzazione mafiosa. “Nessuna pressione, non ho seguito un solo suo desiderio”, ha ribadito parlando con i cronisti, e però un ruolo Giammarinaro lo svolgeva, “ma solo perché era un leader politico”.
“Mai nessuno dalle istituzioni è venuto a dirmi di stare attento a Giammarinaro. Né il maresciallo dei carabinieri di Salemi, che mi risulta andava a cena invece con Giammarinao e che da Giammarinaro veniva presentato come l’amico Giovanni (Teri, ndr), né altri. L’unico a dirmi di dovere stare attento a Giammarinaro fu il senatore Antonio D’Alì”. Il tono di Sgarbi si fa più acceso quando parla di altri casi che lui sostiene potrebbero essere assimilato al suo ma non hanno avuto uguale esito: “Se io sto con Giammarinaro divento suo strumento, strumento nelle mani di un mafioso, se la stessa cosa la fanno i giudici Massimo Russo, Caterina Chinnici assessori con il governatore Lombardo, sotto processo per mafia, non provoca loro alcun danno”. Sgarbi esclude di ricandidarsi in Sicilia, “forse potrei rifarlo solo a Salemi…per vedere se sciolgono il Comune una seconda volta”.
E la mafia vera? Quella che ha il volto di Matteo Messina Denaro? “Finalmente hanno degradato questo stronzo di Matteo Messina Denaro”, ha detto Sgarbi, citando una recente dichiarazione del procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato, secondo la quale il boss latitante di Castelvetrano non sarebbe a capo di Cosa nostra. Sgarbi ha aggiunto che “finora avevano elevato un picciotto di provincia a egemone della mafia; quando lo dicevo io mi davano dell’incosciente”.